L’abbiamo chiamata, la crisi che sta investendo l’economia e la società italiana, “sindrome cinese” per evidenziare che le conseguenze rischiano di portarci alla situazione, soprattutto sociale, della Cina attuale.
Qualcuno però ha inteso equivocare ed ha voluto attribuire ai cinesi la responsabilità di tutto.
Invece se la sindrome, cioè i sintomi con cui la malattia si rivela, è cinese il virus che ha causato la malattia è tutto italiano.
Un virus che sta in poche parole: il 50% degli italiani possiede il 10% della ricchezza; il 10% possiede il 45% della ricchezza; il restante 40% degli italiani possiede il restante 45% della ricchezza. Dividendo per classi, i primi sono i poveri, i secondi sono i ricchi ed i terzi sono la classe media.
Da quando è nata la scienza dell’economia è noto che la propensione a consumare, oltrepassato il limite del reddito medio, è inversamente proporzionale alla ricchezza posseduta e che via via che questa cresce i beni che si acquistano sono sempre più di lusso.
La conseguenza è semplice: al crescere delle disuguaglianze di reddito il volume dei consumi diminuisce mentre la qualità s’innalza. In altri termini diminuisce la produzione di beni: quelli di fascia media prodotti in meno sono in quantitativo superiore a quelli di fascia alta prodotti in più semplicemente perché i consumatori medi che passano tra i poveri sono più di quelli (pochi) che passano alla fascia dei ricchi. La diminuzione di beni comporta meno occupazione, la disoccupazione, specie quella giovanile, accelera il passaggio di interi nuclei familiari dalla fascia media a quella dei poveri. Un’avvitamento dell’economia e della società italiana che a vedere le statistiche sta ripercorrendo all’indietro la strada che ci portò al boom degli anni ’70 quando masse importanti riuscirono ad uscire dalla povertà ed entrare nella classe media, aumentando consumi e lavoro
La controprova è sotto gli occhi di tutti anche nei servizi
Viaggi all’estero per le festività: aumentano quelli di costo elevato, ma aumentano di più quelli molto economici a danno di quelli medi; complessivamente il valore totale dei viaggi diminuisce e così il giro d’affari dei tour operator.
Trasporti ferroviari: c’è la corsa alla costosa alta velocità, mentre gli intercity viaggiano a gabinetti chiusi, con anche più di un giorno di ritardo, si fermano per ore in galleria. Più attenzione quindi per i ricchi, pochi, che per la più numerosa classe media, per non parlare dei poveri che si devono accontentare dei treni regionali.
Nei consumi la situazione si tocca con mano, per i regali di Natale erano pieni solo i negozi di merce a basso costo e quelli per l’elitè
- Redazione
- 28 Dicembre 2010
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