Due ematologi, il prof Licinio Contu, presidente dell’ADMO, l’associazione dei donatori di midollo osseo, e il Prof Aurelio Maggio, direttore dell’Ematologia II dell’Ospedale V. Cervello di Palermo sono i protagonisti di un importante dibattito intorno ai test prenatali.
A scatenare la disputa, che è giunta sulla pagine del quotidiano “Avvenire”, la scoperta ad opera dell’eqipe di ricercatori del prof.Maggio che, finanziata dalla Fondazione Franco e Piera Cutino Onlus, ha messo a punto un nuovo procedimento di diagnosi prenatale della talassemia: la celocentesi che consente di avere i risultati entro il secondo mese di gravidanza.
I vantaggi di questo accertamento sono: accertamento un mese prima di quanto consentono le pratiche precedenti, una tecnica meno invasiva che non prevede l’inserimento dell’ago nel pancione e che ha dimostrato risultati attendibili.
Scopo della ricerca era quello di poter fare un trapianto in utero quando il feto è nella prima fase di sviluppo e le sue difese immunitarie non sono ancora formate per cui un trapianto di midollo avrebbe assai maggiori possibilità di successo e porterebbe alla nascita di un bimbo sano, che non subirà gli effetti della malattia.
Sottoprodotto: una coppia che decidesse di non proseguire la gravidanza potrebbe farlo ricorrendo all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) e non all’aborto terapeutico.
Il timore che questo sottoprodotto possa diventare lo scopo principale della nuova diagnosi prenatale, almeno fin tanto che non si giunga “a predisporre e programmare una terapia adeguata per il nascituro” ha mosso le critiche del prof. Contu, per il quale meglio sarebbe far nascere il bambino e poi aver a disposizione almeno 10 anni per cercare un donatore compatibile.
Sull’argomento il sito www.osservatoriomalattierare.it ha indetto una specie di referendum che, se non altro, potrà attirare l’attenzione e magari finanziamenti sulla ricerca per poter realizzare con sollecitudine quel “trapianto in pancia” che potrebbe far cessare la materia del contendere.