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Due testimonianze provenienti da rifugiati ospitati nelle strutture di accoglienza in Umbria
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Io vengo da un Paese che si chiama Siria
Non sono stato io a crocifiggere Gesù……………. ..E allora perché mi crocifiggi?
Non sono stato io a bruciare il Corano……………… e allora perché mi bruci?
Non sono stato io ad aver sgozzato gli Ebrei…….. e allora perché mi sgozzi?
Non sono io ad aver prodotto il terrorismo…….. e allora perché mi terrorizzi?
Non ho invaso il popolo di Hiroshima con le bombe atomiche e non ho fatto saltare i grattacieli americani, ho cercato solo di vivere con dignità e cercare la libertà.
Io vengo da un Paese che si chiama Siria,
in  cui la notte diventa lunga,
l’autunno lungo e di lungo pianto.
Io vengo da un Paese che si chiama Siria
colonne di fumo si sono alzate
perché le coscienze si stanno bruciando
e quindi si brucia anche la speranza.
Io vengo da un Paese che si chiama Siria
I campi di concentramento sono
più numerosi delle scuole perché
insegnano la lingua del terrore;
le teste si sono abbassate,
le schiene spezzate per le tasse.
Io vengo da un Paese dove non sorge più il sole per volontà di Dio
e la luna esiste solo nelle notti dei governanti.
In Siria il sangue scorre sulle strade,
i  corpi vengono lacerati, le ossa vengono rotte,
vengono tolti anche gli occhi.
La Siria è diventata una grande foresta,
governata da un leone e da un branco di lupi.
Dov’è la giustizia?
Dov’è l’uguaglianza?
Dov’è la verità?
Dov’è l’onore?
Dov’è la coscienza viva?
Il mio Paese si sta bruciando, i miei fratelli si stanno uccidendo.
L’Inno nazionale siriano è diventato la voce di grida e pianto di bambini e donne.
Amo la Siria ma vivo in essa tormentato,
Amo l’Italia ma vivo in essa da estraneo,
Amo la vita ma la vita è sempre dura con me.
Emad Al Alì

Vi racconterò la mia storia degli ultimi mesi: la Libia per noi migranti non è un luogo facile in cui vivere, almeno tanto facile quanto ci aspettassimo prima di andarci.
Noi attraversiamo il Sahara per arrivarci, e molti di noi perdono la vita nel lungo tragitto ogni anno; se siamo fortunati, veniamo aiutati e soccorsi dai viaggiatori che ci vedono passare, altrimenti si muore per disidratazione e fame.
Nel deserto puoi vedere centinaia se non migliaia di tombe di migranti coperte di pietre e alcune con ancora i loro passaporti sopra.

Noi proviamo spesso ad aiutarci a vicenda e ad aiutare i nostri cari, ma purtroppo non tutti ce la fanno ad arrivare a destinazione, in Libia appunto.
Vorrei onorare la perdita di alcuni amici miei africani la cui avventura avrebbe potuto avere un esito migliore ma che oggi purtroppo non sono più tra noi e non posso più essere una risorsa per nessuno.
E’ davvero raro trovare qualcuno : che abbia un’opportunità di poter fare ciò che egli desidera nella propria vita; uno che possa soddisfare le condizioni minime di sussistenza; uno che abbia un buon lavoro: un giorno ti svegli e decidi che è arrivato il momento di intraprendere quel viaggio suicida verso la Libia che, date le pessime condizioni economiche, politiche e sociali dei nostri rispettivi paesi di provenienza, diventa un viaggio che vale la pena di fare. Siamo circondati da un’abbondanza di risorse naturali, eppure ancora abbiamo un’alta percentuale di noi che vive nella povertà e nel caos. Questo è l’inizio dell’abuso dei diritti umani.

I migranti capaci e con meno capacità hanno tutti dei seri problemi in Libia
: essi sono talvolta forzati a lavorare a condizioni disumane, a fare lavori che non vogliono fare, sottopagati o a volte per niente pagati. Non è raro che i libici ci tirino le pietre per strada quando ci incontrano, oppure che veniamo torturati con i coltelli, i vetri delle bottiglie o le unghie. In qualche modo continuiamo a sopravvivere, contando sull’amore dei nostri cari che abbiamo lasciato dietro di noi.
Nessuno può far nulla
, perché né la polizia né la legge protegge i diritti dei migranti. La maggioranza di noi migrati in Libia abbiamo paura dei libici, siamo continuamente sotto attacco sia con coltelli sia con pietre, senza motivo.
Il lavoro forzato e l’abuso dei diritti umani, esistente in diverse forme, è una forma moderna di schiavitù in cui è sottomesso il migrante, come anche il fatto di dover vivere per forza in un posto che non gli appartiene e dove non avrebbe pensato di vivere.

Nessuno avrebbe mai pensato che attuali rivoluzioni in Medio Oriente e in Africa del Nord sarebbero state così devastanti, causando spargimenti di sangue e distruzione di proprietà sia pubbliche che private.
La rivoluzione in Libia è scoppiata a Benghazi, la seconda città più grande del Paese. A Misurata, la terza per grandezza, è scoppiata dopo, attaccando i palazzi del governo e le armerie in rivolta contro il governo, prendendo il controllo di tutto nonostante le perdite di vite umane.
Questo è esattamente ciò che è accaduto a Benghazi, nonostante gli sforzi delle forze di sicurezza governative di calmare i focolai di ribellione non riuscissero ad avere successo.

Soltanto alcuni migranti sono riusciti a scappare da Misurata, dato che la situazione diventava molto tesa,ogni giorno vivevamo nella paura d’essere attaccati, la sera le strade erano deserte.
Andavamo a letto con il rumore degli spari delle pistole e così ci svegliavamo. Aumentava la scarsità di benzina, cibo, aumentavano i prezzi a dismisura.

Coloro che non potevano scappare da Misurata erano intrappolati e senza possibilità di partire se non andare in pieno deserto
, aspettando senza speranza un aiuto.
Là è scoppiata quindi la guerra civile dato che le forze governative hanno cercato di riprendere il controllo di Benghazi, Misurata e le città ricche di petrolio come Ras-Lanuf, Brega, Zawia ecc con l’eccezione di Tripoli, la capitale, dove persisteva una relativa calma, essendo il quartier generale del governo libico, sebbene alcuni civili hanno perso la loro vita all’inizio della rivolta.
Da Tripoli vedevi la guerra intorno a te con le bombe che distruggevano le basi militari governative.
LA GUERRA NON E’ BELLA E MAI POTRA’ ESSERLA!!

In qualità di migrante nel bel mezzo di una guerra civile, avevo paura di così tante cose: prima di tutto, temevo di dover tornare nel mio Paese, alla situazione da cui avevo deciso di scappare, senza aver raggiunto il mio obiettivo di partire.
Avevo paura dell’aumento delle forze armate governative che potevano sfruttare la situazione di guerra civile per sparare ai migranti africani.
Avevo paura dei così numerosi giovani libici che giravano armati con pistole e coltelli alla ricerca di un’opportunità di rapinarti o attaccare un migrante, come più volte m’è successo; avevo paura dei ribelli che avrebbero preso il controllo di Tripoli e catturare i migranti, prendendoci per mercenari che il leader libico sta usando contro di loro, e avremmo potuto pure essere decapitati, com’è successo ad alcuni migranti a Benghazi in pieno giorno.


Ma oggi sono qui in Italia sano e salvo e non ho più paura. Il mio più profondo apprezzamento va al mio Signore Gesù Cristo per il suo eterno amore e misericordia su di me e a tanti altri che credono e hanno fiducia in lui.
Infine, nell’interesse dei miei amici rifugiati, dico un grande grazie agli italiani che mi hanno accolto a braccia aperte per la vostra grande ospitalità e gentilezza.
Una volta ancora, grazie a tutti, rimarremo per sempre grati per darci una speranza di un domani migliore.
Grazie a tutti e che Dio vi benedica

 

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