Le previsioni – rende noto la Federazione umbra – indicano una produzione per l’Umbria pari ad 805 mila ettolitri (-8%) rispetto al 2010 quando si attestava intorno agli 875mila.
“Le grandinate di giugno hanno sicuramente influenzato negativamente la resa in alcune aree, ma il calo di produzione – puntualizza Confagricoltura Umbria – è da addebitarsi ad un processo di autoregolamentazione degli stessi produttori che hanno cercato di contenere il surplus di produzione delle precedenti campagne (anche +40%di giacenza)”.
Resta comunque un dato sensibile considerando che nel 2010 il calo si era fermato al 2% rispetto alla media storica regionale che si attesta intorno al 1m/hl (2008).
Nulla da eccepire invece sul fronte della qualità, che si conferma ottima anche per la campagna 2011.
“Ora – aggiunge Confagricoltura Umbria – attendiamo uno sforzo ulteriore di responsabilità per dare concretezza al Piano vitivinicolo regionale più volte auspicato e ciò anche per non perdere l’occasione di agganciare il treno della ripresa mondiale, il cui raggiungimento, per noi, passa principalmente dalla nostra strategia e dall’uso intelligente delle risorse europee dell’Ocm vino”.
Il problema, secondo la Federazione umbra, non sta nella produzione, ma nella vendita ed i produttori contattati per l’indagine di Confagricoltura concordano su una cosa:la crisi c’è ancora, i consumi sono al palo, soprattutto quelli dei vini di fascia medio alta e le difficoltà permangono.
"Per fortuna dall’estero arrivano segnali positivi, sai dai mercati tradizionali, sia dagli emergenti. “L’export di vino italiano sta dimostrando di essere la vera risorsa per tutto il settore e per la sua tenuta in tempi difficili come questi.
Restano comunque alcuni problemi da risolvere. Nonostante i successi del vino umbro c’è la necessità di internazionalizzazione del settore a cui dobbiamo dare riscontro e per fare ciò c’è bisogno di unica, ma strategica, regia per garantire una vincente promozione integrata, “perché per promuovere il vino bisogna promuovere il territorio e perciò l’Umbria.
Abbiamo un potenziale di 16mila ettari ma abbiamo difficoltà ad andare sui mercati.
Troppa frammentazione, senza un piano guida unitario. Promozione quindi, ma anche semplificazione per vincere la guerra dei campanili e dei tantissimi piccoli produttori che annaspano rispetto alle grandi imprese.
Operando in maniera organizzata sicuramente potremmo risolvere una parte dei problemi che la crisi ha aperto, ed il problema della ristrutturazione di un settore che con il disaccoppiamento degli aiuti europei comunque dovrà perdere un 30-35% del vigneto.
Infine sostenere e rinforzare l’enoturismo che ad oggi resta una delle poche certezze per uno sviluppo enologico consapevole in Umbria."







