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Sarebbe, in Italia, vietato commercializzare prodotti geneticamente modificati ove non espressamente autorizzati a seguito di procedure comunitarie, ma le api non sanno capire se il polline proviene da piante geneticamente modificate
arnie-miele

La Corte europea con la sentenza del 06/09/2011
nel procedimento C-442/09, ha affermato che il miele non possa essere venduto se contiene polline proveniente da piante geneticamente modificate perché il miele, che contiene tali pollini, legalmente sono considerati alimenti geneticamente modificati in quanto sono destinati ad essere ingeriti dall’essere umano.
Anche la minima traccia di materiale geneticamente modificato richiede una valutazione di sicurezza e un’autorizzazione. In tal caso la tutela della salute umana richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo dei rischi derivanti dall’immissione deliberata nell’ambiente di OGM..
Secondo la Corte la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici.
Pertanto conseguentemente, gli alimenti geneticamente modificati dovranno essere sottoposti a una valutazione della sicurezza tramite una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato.

Nel caso giudicato,  la Corte ha ritenuto che del polline, raccolto dalle api e riposto in talune parti dell’alveare ai fini dell’alimentazione, può finire con l’essere incorporato nel miele sia accidentalmente, attraverso le api stesse durante la produzione del miele, sia tecnicamente, mediante intervento dell’apicoltore, per effetto della centrifugazione dei favi durante la raccolta del miele, che determina l’estrazione, oltre che del contenuto degli alveoli in cui si trova il miele, anche del contenuto di alveoli vicini destinati allo stoccaggio del polline.

Nel 2005, nel polline di mais estratto dal sig. Bablok dagli alveari posti a una distanza di 500 m dai terreni del Freistaat Bayern è stata riscontrata la presenza, da un lato, di DNA di mais MON 810, nella misura del 4,1% rispetto al DNA complessivo del mais, e, dall’altro, di proteine transgeniche (tossina Bt).
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “ Sportello dei Diritti” le autorità italiane sono tenute a fare le indagini e poi, se dovessero trovare tracce di organismi non autorizzati geneticamente modificati dovrebbero ordinare il ritiro immediato dal mercato.
È infatti è reato punibile ai sensi delle leggi che regolamentano l’ingegneria genetica commercializzare prodotti geneticamente modificati ove non espressamente autorizzati a seguito di procedure comunitarie.

Intanto dagli Stati Uniti, a conferma dei processi che possono essere messi in moto dalla presenza degli ohm, giunge la conferma di laboratorio che gli insetti che dovrebbero essere combattuti dai semi di mais ogm non hanno gradito le nuove presenze sui campi e si sono organizzati tanto che, divenuti resistenti, hanno rioccupato alla grande le foglie di mais e trasmesso ai loro discendenti questa capacità.

 

 

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