Anche se i dati elaborati dagli economisti Fabio Pammolli e Nicola Salerno del CeRM, confermano per l’ennesima volta che l’Umbria è nella pattuglia delle regioni italiane più virtuose in termini di spesa e qualità nella sanità pubblica, il super ticket ha colpito come nelle regioni più disastrate.
Un colpo che potrebbe avere anche conseguenze per la salute di molti.
Almeno a vedere parecchi di quelli che escono dalla farmacie col respiro corto e gli occhi sbarrati a cercare di capire perché, stavolta, quasi non bastavano i soldi in portafoglio per portarsi a casa le solite medicine.
Quelli che dopo un po’ riescono a riprendersi, al di là degli ovvi improperi contro tutto e contro tutti che lasciano il tempo che trovano visto che contano solo quelli che votano e scelgono, fanno due osservazioni che qualche fondamento l’hanno, sicuramente sul piano logico mentre su quello giuridico bisognerà aspettare.
La prima riflessione è più che altro destinata ai legislatori nazionali per i quali quando si tratta di imporre il “contributo di solidarietà” ritengono super ricchi quelli che hanno un reddito individuale superiore a 300 mila euro mentre per il super ticket sono tassati a pieno i redditi familiari superiori a 100 mila euro.
La seconda riflessione prende di mira proprio il fatto che per il super ticket si considerino i redditi familiari e non quelli individuali. Il riferimento alla famiglia appare monco. Da una parte si sommano i redditi dei componenti mentre dall’altro non si tiene conto dei componenti senza reddito ( figli a carico per esempio).
Peraltro l’introduzione del reddito familiare avviene mentre il sistema fiscale è orientato al reddito individuale.
Accade quindi che qualcuno paga un ticket più o meno alto in virtù del reddito di qualche altro componente della famiglia, a cui però la spesa non può imputarsi in quanto la ricevuta del ticket riporta il codice fiscale di chi è l’intestatario della ricetta.
