Nel 2011 si è stimato che siano state 38.000 le nuove diagnosi di tumore del polmone, delle quali un quarto hanno riguardato le donne.
Si calcola che attualmente 1 uomo su 9 ed una donna su 35 possa sviluppare un tumore del polmone nel corso della vita
Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte per tumore nei maschi (il 28% del totale delle morti) e la terza causa nelle donne (11% del totale delle morti).
La relazione tra neoplasia polmonare e fumo è ormai dimostrata da ampie casistiche ed è stato stimato che i forti fumatori (più di 40 sigarette die) abbiano un rischio 60 volte superiore ai non fumatori di sviluppare la malattia.
Certo c’è ancora molto da fare per combattere il tumore al polmone del tipo ‘non a piccole cellule’, una delle forme più frequenti e che colpisce anche i non fumatori, ma la direzione intrapresa con la terapia biomolecolare è quella giusta – dice Cesare Gridelli, Presidente della 3° Conferenza Internazionale di Oncologia Toracica (CIOT) a Napoli dal 28 al 30 giugno e Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia A.O.R.N “S.G. Moscati” di Avellino – Alcune molecole sono già pratica clinica, altre in via di studio con pazienti arruolati, altre ancora in fase più iniziale di sperimentazione.
Ma tutto ci lascia pensare che i risultati per molte di loro saranno veramente importanti e che già oggi è possibile analizzando il tessuto tumorale trovare il farmaco biomolecolare adatto.
Negli ultimi anni si è scoperto che la forma più frequente di tumore al polmone – il carcinoma polmonare non a piccole cellule- è caratterizzata da alterazioni genetiche specifiche e così sono stati messi a punto farmaci ‘intelligenti’ in grado di colpire quasi selettivamente proprio questi bersagli risparmiando le cellule sane.
Grazie alla diagnosi molecolare sul tessuto possiamo conoscere l’anomalia genetica del tumore di ogni paziente e quindi utilizzare il farmaco mirato.
Abbiamo la possibilità di selezionare i pazienti che rispondono maggiormente ai nuovi farmaci. Inoltre, si riducono gli effetti collaterali soprattutto nei confronti delle cellule e dei tessuti sani, con maggiore tollerabilità del trattamento.
Si sta andando incontro alla terapia super personalizzata.
Ma è veramente importante che anche i pazienti se ne rendano conto e che a fronte di una diagnosi non si perdano d’animo e cerchino il Centro che possa garantire la terapia in modo completo.
Abbiamo nella pratica clinica farmaci per una mutazione, l’EGFR che rappresenta circa il 10 per cento dei casi. Questi farmaci nei pazienti con mutazione hanno dimostrato grande efficacia con percentuali di regressione, anche in pazienti pretrattati con chemioterapia, del 60%-70% e un raddoppiamento della sopravvivenza.
Questi sono dati che confrontati con la chemioterapia sono assolutamente sorprendenti.
Vi è un’altra alterazione genetica denominata traslocazione del gene ALK che impatta sul 5% della popolazione ed è presente, come quella dell’EGFR, prevalentemente in pazienti con adenocarcinoma, soprattutto non fumatori.
Attualmente esiste un farmaco che ha dimostrato un effetto importante con una buona percentuale di regressione dando una risposta molto positiva in circa 60% dei casi in pazienti già pesantemente pretrattati con varie linee chemioterapiche. Sono attualmente in corso una serie di studi che prevedono l’utilizzo di farmaci bersaglio per altre mutazioni genetiche.
“Il primo nodo cruciale è proprio nel momento della diagnosi. Oggi sappiamo che l’adenocarcinoma mostra delle anomalie genetiche che si possono mettere in evidenza attraverso esami molecolari sul tessuto. Ma solo nel 50 per cento dei casi abbiamo tessuto a disposizione per poter eseguire l’esame molecolare. Questo perché con l’agobiopsia si prelevano solo cellule e non tessuto.
Pochissimi sono i Centri italiani di qualità che riescono con questo esame a realizzare una reale biopsia oltre a un aspirato cellulare. E quanti sono poi i Centri che hanno a disposizione un biologo molecolare per fare questo esame?
Ancora troppo pochi in un rapporto di 1 per ogni 10 strutture di oncologia medica” dice Filippo de Marinis, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica (AIOT) e Direttore della I Unità Operativa di Pneumologia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma