Condividi su facebook
Condividi su twitter
Il prolungarsi della crisi economica comincia a far pensare che non sia solo un fatto congiunturale, ma una vera e propria crisi di un sistema orientato ai guadagni facili e sostanziosi, anche se non scevri da pericoli, fatti balenare dalla speculazione finanziaria
nimby

Di fronte alla crisi imperante ognuno cerca di sfuggirne agli effetti, ognuno in ordine sparso ritenendosi il più meritevole di “misericordia” e cercando di spostare il cerino su altri, ma le cause, al di là della giustezza dei “bersagli” dei tagli : un debito della pubblica amministrazione che non scende e quindi sottrae risorse all’economia reale così come l’abitudine invalsa, di chi molto ha e molto può, nel mondo ad investire le disponibilità finanziarie in attività meramente speculative, più facili e convenienti che investire in imprese e quindi creare lavoro ed aumentare i consumi, non vengono – soprattutto la seconda che ha radici internazionali – affrontate, nonostante qualche autorevolissimo appello.

E così ci si limita ad appelli, come l’ultimo, della  Confcommercio di Perugia che di seguito riportiamo
“Imprenditori sempre più sfiduciati rispetto alla politica, che i tagli alla spesa pubblica vadano effettuati laddove veramente sarebbe opportuno, che occorra ridare potere d’acquisto alle famiglie e respiro alle imprese, se vogliamo superare questo momento così difficile.
In appena dieci giorni, a metà maggio, abbiamo raccolto oltre 10 mila firme di imprenditori e cittadini per chiedere meno tasse e più sviluppo.
Da allora la situazione non ha fatto che peggiorare.
A dare il colpo di grazia alle imprese ci hanno pensato le amministrazioni comunali con l’Imu all’aliquota massima, e tra breve con la Tares e con l’imposta di soggiorno. La misura è al colmo. E’ arrivato il momento che chi ci governa ascolti davvero la voce delle imprese”.

Un messaggio forte è rivolto in questo senso anche alla Regione Umbria, specie alla luce della prossima discussione sul Dap: “Dalla Regione vogliamo un riconoscimento definitivo e senza riserve – dice Mencaroni – del ruolo strategico del terziario, perché questo impone il numero delle imprese del settore, la ricchezza che producono, l’occupazione che danno. E dunque chiediamo politiche conseguenti e coerenti orientate al suo sviluppo e al pieno dispiegamento delle sue potenzialità”. 
In attesa della grande mobilitazione del 28 gennaio, Confcommercio continua il suo impegno a fianco degli imprenditori nel tentativo di arginare la pressione fiscale delle amministrazioni locali, “dalle quali – sottolinea Giorgio Mencaroni – ci aspettiamo vere ed efficaci politiche di spending review (perché lavorare meglio sui bilanci si può, come testimoniano alcuni Comuni) e non le consuete minacce di uno stop ai servizi pubblici in risposta alle nostre richieste di mettere un freno alle tasse e alle tariffe”.


IMU
Per il 2013, visto che l’imposta sarà probabilmente di loro completa competenza, Confcommercio sta chiedendo ai Comuni umbri, in una serie di incontri sul territorio, di:
– dimezzare l’aliquota per gli immobili relativi all’esercizio dell’attività d’impresa, rispetto all’aliquota base IMU;
 – fare propria l’interpretazione dell’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale – Fondazione Studi dell’Anci, secondo il quale è inapplicabile la maggiorazione dell’aliquota di base (7,6 per mille) per gli immobili strumentali delle imprese;
– applicare un’aliquota ridotta al 4 per mille per tre anni alle piccole e medie imprese di nuova costituzione, per i locali delle imprese ubicate nei centri storici.

TARES
Per limitare gli effetti devastanti del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi che con il nuovo anno sostituisce Tarsu e Tia, Confcommercio sta incontrando i Comuni umbri ai quali chiede una revisione dei coefficienti eccessivamente penalizzanti per le imprese del terziario, che già si trovano a pagare molto di più rispetto a quelle di altri settori, e che non possono sopportare oltre una tale sperequazione. Il problema è particolarmente pesante per chi opera su grandi superfici, senza peraltro produrre rifiuti in maniera proporzionale (concessionarie auto, alberghi e ristoranti, mobilifici, distributori di carburanti…), che chiedono specifici correttivi.

TASSA DI SOGGIORNO
Alcune amministrazioni umbre, qualche volta in maniera informale, altre in via ufficiale, hanno espresso l’intenzione di non adottare la tassa di soggiorno.
Continua però l’impegno di Confcommercio, e di tutte le sue componenti, nel ribadire a tutti i Comuni umbri, a partire dal capoluogo, la richiesta di mostrare un atteggiamento responsabile, di non pensare solo a “fare cassa” e di  rinviare l’applicazione della tassa di soggiorno, prendendo atto che, alle condizioni attuali e alla luce dell’acuirsi della crisi economica, l’introduzione della tassa di soggiorno si rivelerebbe solo un ulteriore  pesante fardello per le attività economiche. Mentre l’assenza di questa imposta su tutto il territorio regionale potrebbe essere un elemento vincente di marketing turistico.
L’impegno di svolta che Confcommercio chiede alla politica e alle istituzioni non risparmia la stessa organizzazione, determinata ancora un volta “a mettersi in gioco” attraverso una rimodulazione complessiva dei servizi alle imprese e una serie di azioni su almeno cinque fronti decisivi.
“E’ in corso una vera e propria rivoluzione, che coinvolge non solo la nostra struttura economica come l’abbiamo sempre conosciuta, ma anche le nostre abitudini, i nostri comportamenti e perfino le nostre aspettative”, aggiunge il presidente Confcommercio. “Dobbiamo aiutare le imprese a comprendere il cambiamento e ad essere pronte a ripartire con il piede giusto”.

1 – ASSISTENZA AL RIPOSIZIONAMENTO AZIENDALE
La complessità del mercato richiede oggi agli imprenditori un approccio scientifico e multidisciplinare che va oltre le doti, pur necessarie, di intuito, coraggio ed energia che hanno fatto in passato il successo di tanti operatori.
Confcommercio ha istituito una task force di esperti in vari settori, in grado di capire le esigenze di un’impresa e di strutturare, lavorando in sinergia, un percorso specifico per migliorare la performance aziendale e il posizionamento sul mercato.

2 – NUOVE IMPRESE
Uno degli aspetti più preoccupanti relativi alla nati/mortalità riguarda le neo-imprese:  già prima ancora della crisi, ma peggio ancora adesso, tante, troppe imprese cessano nel primo anno di costituzione. Un fenomeno che come causa ha la mancanza di una adeguata preparazione,  e come effetto pesantissime conseguenze di carattere economico – si bruciano spesso i risparmi di una vita – e sociale – con famiglie rovinate e rapporti che si incrinano.
Oggi più che mai aprire un’attività autonoma non può essere una scelta causale, residuale: per questo Confcommercio si è fatta promotrice del progetto Start up, che prenderà il via nel 2013, coinvolgendo anche le altre associazioni di categoria del mondo pmi, e che è diretto a fornire assistenza in modo strutturato a coloro che vogliono aprire un’impresa, attraverso uno sportello che farà prima di tutto orientamento e valutazione dell’idea imprenditoriale – che servirà a fare una prima scrematura – per poi affiancarli nella redazione di studi di fattibilità e del business plan, propedeutici alla possibilità di avere una vera e propria assistenza tecnica personalizzata che aiuterà le imprese a partire col piede giusto.  L’obiettivo, insomma, è, attraverso l’assistenza di una squadra di esperti, quello di far nascere imprese “sane”, che durino nel tempo, che siano gestite con la necessaria cultura imprenditoriale e in cui ci sia una attenzione peculiare agli strumenti dell’innovazione, perché l’esperienza dimostra che l’introduzione continua di processi innovativi in azienda fa crescere le sue possibilità di stare con successo sul mercato. 

3 – RETI DI IMPRESE E FILIERE
L’esperienza pluriennale maturata da Confcommercio nell’animazione territoriale e nell’assistenza alla costituzione delle reti di imprese, a partire dai centri commerciali naturali e i parchi commerciali sperimentati in tante realtà umbre (Perugia, Gubbio, Bastia, Gualdo Tadino, ….), sarà ulteriormente messa a disposizione del territorio attraverso una squadra di tecnici con il compito di realizzare e coordinare iniziative di animazione.
I tecnici Confcommercio assisteranno le imprese che vorranno sperimentare innovativi progetti di filiera aperti anche alla cooperazione internazionale, in una visione che liberi la distribuzione dalla tradizionale subalternità rispetto alla produzione manifatturiera.
(Se la produzione è ormai in larga parte distribuzione sul mercato interno di prodotti realizzati altrove, allora anche il commercio può provare a farsi confezionare altrove le merci da vendere sul mercato interno!)  

4 – FORMAZIONE
Attraverso strutture altamente specializzate in segmenti specifici della conoscenza d’impresa – Iter, Università dei Sapori, Format – Confcommercio della provincia di Perugia ha portato a maturità una offerta formativa complessiva in grado di rispondere a 360 gradi alle esigenze delle imprese.   L’organizzazione è intensamente attiva nella formazione continua dei dipendenti, gratuita attraverso il fondo For.Te., i cui prossimi bandi scadono il 21 gennaio, il 28 febbraio e il 5 marzo.

5 – CREDITO
Grazie all’adesione da parte della cooperativa Umbria Confidi al Centro Fidi Terziario (aggregazione di consorzi fidi Confcommercio dell’Italia Centrale, con la partecipazione di primari istituti di credito, iscritto all’elenco di cui art.107 del Testo unico bancario), Confcommercio è l’unica organizzazione di categoria in Umbria in grado di rilasciare garanzie a prima richiesta e non più sussidiarie.
Nonostante questo, il fronte del credito continua ad essere tra i più critici, per l’oggettivo irrigidimento del sistema bancario nei confronti delle richieste delle imprese.
 
IL RAPPORTO 2012
Il 2012 è stato un anno difficilissimo per le attività umbre del terziario, secondo la “fotografia” scattata dall’indagine annuale realizzata dall’Ufficio Studi Confcommercio, nel corso della prima settimana di dicembre, su un campione di 150 imprese del commercio e del turismo.
Investimenti
L’81% del campione non ha fatto investimenti (70% nel 2009; 55% nel 2010; 67% nel 2011) contro il 19% che ne ha fatti (30% nel 2009; 45% nel 2010; 33% nel 2011).
Dell’esiguo 19% (risposta multipla), l’11% ha investito in macchinari e attrezzature; il 4% in immobili o impianti fissi; il 4% in tecnologie informatiche; il 2% in ampliamenti o nuovi rami di attività ed un altro 2% in formazione o marketing.
Fatturato – 2012
Il 71% dichiara una diminuzione di fatturato (57% nel 2009;  42% nel 2010;  57% nel 2011); il 25% dichiara un fatturato invariato rispetto al 2011 (35% nel 2009; 31% nel 2010; 32% nel 2011); solo il 4% parla di fatturato in aumento (8% nel 2009; 23% nel 2010; 11% nel 2011). Secondo il campione, l’aumento di fatturato non è riconducibile al momento economico particolare che stiamo vivendo, ma a strategie aziendali e mercati di nicchia.
Del 71% delle imprese delle imprese che dichiarano una riduzione, il 68% la imputa alla crisi economica e dei consumi, al basso reddito delle famiglie ed alle tasse e tariffe che “strangolano” le imprese. Un rimanente 3% dichiara che la diminuzione di fatturato non è direttamente riconducibile alla crisi.
Risorse Umane
Il 93% degli intervistati dichiarano di non aver fatto inserimenti di personale nel 2012 (79% nel 2010). Le motivazioni: la più ricorrente è che hanno una struttura già stabilizzata (54%), oppure che, essendo imprese a carattere familiare, cercano di tirare avanti con le sole risorse interne (35%); il 7% (19% nel 2010; l’8% nel 2009; 30% nel 2007) dichiara che il periodo economico svantaggioso ha causato un esubero di personale ed un 4% lo ritiene un investimento economicamente insostenibile in un periodo come questo.
Chi ha fatto inserimenti professionali (7%) parla di sostituzione di personale già esistente (2%), ricorso a lavoro temporaneo o stagionale (2%), trasformazione di contratti precari (1%), ampliamenti aziendali (2%).
Le note più dolenti: il 4% ha fatto richiesta alla CIG; il 2% ha effettuato licenziamenti; il 3% non ha rinnovato contratti ed un ulteriore 3% ha dovuto diminuire le ore di lavoro.
Il peso della crisi
Il 71% del campione si dichiara “molto danneggiato” dalla crisi (36% nel 2011; 39% nel 2010; 27% nel 2009) ed un ulteriore 7% si dichiara così danneggiato da pensare di chiudere a fine anno.
Solo un 13% pensa, nonostante il danno, di avere ancora margini per uscire dalla crisi (24% nel 2009; 45% nel 2010; 38% nel 2011) con  un 8% che dichiara un danno basso (31% nel 2009; 12% nel 2010; 15% nel 2011).
Solo il 2% non si ritiene danneggiato (2% nel 2010; 11% nel 2011).
E’ sempre un 71% (55% nel 2011) che pensa di chiudere il 2012 peggio del 2011; il 26% (33% nel 2011) parla di una chiusura simile tra i due anni; solo il 3% (13% nel 2011) pensa che di chiudere meglio del 2011.
Le principali cause delle difficile risalita dalla crisi sono imputate principalmente a (risposta multipla): politiche non adeguate al rilancio dei consumi (64%, era il 24% nel 2010), inadeguatezza della classe politica 29% (era il 65% nel 2010), mancanza di investimenti pubblici in sviluppo ed innovazione (17% era il 7% nel 2010), mentre un 10% lamenta le continue e forti speculazioni finanziarie (era il 18% nel 2010).
I problemi maggiori che le imprese si trovano ad affrontare (risposta multipla) sono riconducibili in modo preponderante all’eccessivo peso di tasse, tariffe e tributi (97%) che falcidiano il reddito d’impresa e non permettono politiche di investimento e sviluppo (64% nel 2010). Un 37% (15% nel 2010) evidenzia come problema prioritario l’elevato costo del lavoro che grava sulle imprese. Un 28% (22% nel 2010), denuncia forti problemi di accesso al credito ed il 25% (20% nel 2010) il peso degli adempimenti burocratici. Un 3% (5% nel 2010) dichiara che, con questa situazione economica, non riesce più ad individuare una strategia d’impresa per andare avanti.
Le strategie aziendali
E’ stato chiesto al campione quali fossero le strategie adottate nel 2012 per il rilancio aziendale (risposta multipla). Il 52% (26% nel 2009; 32% nel 2010) ha posto in essere strategie di rivisitazione dei prezzi; il 37% ha cercato di agire sulla qualità dei prodotti e dei servizi resi (26% nel 2010; 40% nel 2009); il 32%  (22% nel 2010; 15% nel 2009) ha cercato di fare tagli ai costi fissi o del personale; l’11% (37% nel 2010; 22% nel 2009) ha cercato di essere più competitivo sul versante dell’assortimento dei prodotti; il 9% ha operato tagli ed effettuato riduzioni proprio sul versante degli acquisti e dell’assortimento.
Un 5% (dato che non compariva negli anni precedenti) ha sperimentato altre strategie di vendita, come l’utilizzo dell’e-commerce o la creazione di zone outlet dentro il negozio mentre scende al 5% (23% nel 2010; 11% nel 2009) la percentuale di coloro che hanno cercato di attivare nuovi strumenti di marketing o pubblicitari, anche con eventi all’interno del negozio.
Le strategie di sviluppo e rilancio chieste al Governo nazionale e locale
Le imprese chiedono all’unisono che occorre abbassare la pressione fiscale (90%) per rilanciare i consumi e dare maggiore potere d’acquisto alle famiglie.
Il 46% chiede ai politici di rinunciare ai propri privilegi, di dare un segnale forte di partecipazione alle difficoltà del sistema Paese, riducendo la spesa pubblica ed i costi della politica.
Il 20% vuole una vera e significativa politica di semplificazione e “sburocratizzazione” degli adempimenti che vengono richiesti alle imprese. Un buon 25% chiede anche alla politica misure atte a promuovere e finanziare l’innovazione e lo sviluppo delle imprese terziarie.
In questo 2012, la fiducia degli imprenditori del terziario nella politica è calata per il 36% degli intervistati, rimasta immutata per il 4%,  cresce per il solo 1%, mentre il 60% è scomparsa del tutto e non ha proprio più fiducia nella politica.
Alla luce di questo clima, l’operato del Governo Monti viene giudicato negativo al 58%, molto negativo per il 12% e positivo nel 30%.
Purtroppo risulta negativa anche la previsione per il futuro: l’82% degli intervistati non vede ancora la fine del tunnel; solo il 18% segnala elementi di ripresa.
 
Focus Imprese e Tecnologia
Internet, newsletter, posta elettronica, social network stanno diventando strumenti e compagni di attività quotidiana nelle imprese del commercio, del turismo e dei servizi.
Il 70% degli intervistati dichiara di utilizzare questi strumenti: il 18% sempre, il 34% spesso, il 18% qualche volta. Il 26% non utilizza mai questi strumenti al lavoro ed il 4% li utilizza solo nella vita privata.
La posta elettronica (58%) è lo strumento maggiormente utilizzato, seguito dall’utilizzo dei social network (26%), l’e-commerce (8%), gruppi d’acquisto (6%);  il 2% ha una propria newsletter.
Di coloro che utilizzano gli strumenti tecnologici con regolarità, il 35% ha un sito internet aziendale e l’8% non lo ha ma vorrebbe realizzarlo presto. Il 26% non ha un sito proprio e per scelta o per problemi economici non ha intenzione di realizzarlo a breve.
Delle imprese che utilizzano strumenti informatici per la loro attività economica, il 55% ritiene che così si possano avvicinare maggiori clienti, il 20% è interessato a conoscere cosa pensa il consumatore dei prodotti o dell’attività, il 16% li usa per la ordinaria gestione ed amministrazione, il 4% ritiene che è importante iniziare oggi un e-commerce che presto potrebbe sostituire il commercio tradizionale, un altro 4% li utilizza per studiare altri modi di muoversi commercialmente.
 
LE VENDITE IN OCCASIONE DEL NATALE

La scadenza del saldo IMU è stata una specie di spartiacque: prima non si è mosso quasi nulla; dopo, nell’ultima settimana prima di Natale, è aumentato il movimento, ma l’attenzione al prezzo ed alla spesa è stato sempre molto alto, specialmente per abbigliamento e calzature che dichiarano una media degli scontrini più bassa rispetto alla scorso anno, che era già in diminuzione.
La redditività del Natale è quindi diminuita di circa il 15-20% rispetto al 2011, che era tuttavia già in pesante calo del 20-30% rispetto all’anno precedente.
Per abbigliamento e calzature c’è stato anche chi, dopo aver provato la merce, ha dichiarato di voler provare ad acquistare solo ai saldi, che sarebbero arrivati di lì a breve.
In sintesi: per alcuni è stato un Natale davvero pesante, che ha confermato l’andamento negativo di tutto il 2012; per altri, invece, dopo una partenza in salita, gli ultimi giorni hanno consentito un recupero.
I consumi sono andati quindi a macchia di leopardo, con attenzione massima ai prezzi e la tendenza a fare regali utili e piccoli pensieri.

 
 

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter