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Il feto ritrovato nei frigoriferi all'Università milanese "Bicocca" sarebbe stato "parcheggiato" da una Università americana dopo un aborto terapeutico del 2005 in attesa di spedirlo negli Stati Uniti per una ricerca
vescovi

Svelata la ragione dell’episodio che aveva fatto pensare al prof. Vescovi, che conduce da Terni una interessante ricerca sull’uso di cellule staminali da feti morti spontaneamente, ad una operazione di sabotaggio, ma potrebbe restare qualche imbarazzo vista la provenienza ed i tempi.

In un frigorifero dell’Università Bicocca di Milano il feto è arrivato da un aborto terapeutico effettuato in una regione del Sud Italia l’8 febbraio del 2005
.
Si tratta di una bambina su cui era stata riscontrata una mutazione genetica, effetto del morbo di Canavan.

A riferirlo la direttrice del Sell&Gene Therapy center all’Università del New Jersey che ha precisato «Il patologo e l’ufficio legale dell’ospedale mi comunicarono che non era possibile spedirmelo negli Stati Uniti per motivi burocratici. Allora ho chiesto al mio collega Vescovi di tenermelo mentre avremmo cercato di spedirlo».

«Non pensavo che il feto fosse intero – ha detto ancora la direttrice – nelle mail parlavo sempre di tessuto cerebrale», ma evidentemente nessuno aveva mai prima guardato all’interno della scatola e di anni ne sono passati.

Il prof Angelo Vescovi, che è il responsabile del laboratorio dell’Ateneo milanese, aveva dichiarato « Temo non sia un caso che questo ritrovamento coincida con un trapianto di uno dei malati di Sla del primo gruppo».
La ricerca, un progetto italiano che prevede l’innesto di cellule staminali cerebrali, prodotte all’ospedale della città umbra e, prelevate da feti morti per cause naturali, nel midollo spinale di 18 malati di sclerosi laterale amiotrofica,  è in corso, venerdì il trapianto all’ultimo paziente del primo gruppo
 

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