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Dall'Ingv escludono che le scosse nell'alta val tiberina possano aver innescato il terremoto odierno, d'intensità uguale a quello più forte di Città di Castello ma molto più profondo, nel Montefeltro

L’andamento del terremoto nell’alta val tiberina non consente di fare alcuna previsione sull’evoluzione nel futuro.
Lo ha detto il direttore sezione sismologia dell’Ingv, Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia il quale tuttavia ha erroneamente indicato la data del 20 aprile come inizio della sequenza sismica.

A smentirlo i dati del sistema Iside il quale da mesi, almeno 24, segnala, e tamtam ne ha data ripetuta notizia, una pluralità di scosse lungo tutto l’Appennino umbro ed in particolare tra Apecchio e Città di Castello- Pietralunga.

Lo stesso direttore ha fatto poi un’affermazione che va letta con attenzione: ““Non c’e’ un collegamento causa-effetto tra la sequenza sismica, in atto da giorni, della zona di Citta’ di Castello e la scossa registrata questa mattina di magnitudo 3.6 nel distretto di Montefeltro, tra i comuni di Sarsina, Mercato Saraceno (Forli’-Cesena) e Sant’Agata Feltria (Rimini)”.

A ben vedere la smentita si riferisce unicamente al fatto che non è stato il terremoto di Città di Castello ad innescare quello nel Montefeltro, ma non esclude affatto che i due terremoti, quello in Romagna molto più profondo, siano ambedue fasi di uno stesso movimento.
C’è da ricordare che la catena appenninica, per molti studiosi, è incessantemente sospinta verso l’Adriatico tant’è che si parla per l’Italia centrale di terremoti di “riempimento”.

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