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L’Umbria  è l'esempio lampante di come in pochi anni un tessuto industriale importante sia stato messo in ginocchio dalla crisi e dall'assenza di politiche industriali adeguate da parte dei governi
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Oltre 5 mila persone hanno marciato da Piazza Partigiani sino a Piazza della Repubblica per manifestare l’esigenza di affrontare i veri nodi del Paese attraverso una credibile politica economica e per dire che anche l’Umbria deve rivedere il proprio modello di sviluppo, ripartendo dall’industria.
I colori delle bandiere di Cgil, Cisl e Uil si sono mischiati ai tanti striscioni delle principali realtà produttive – dove è stata importante l’adesione allo sciopero di otto ore, con picchi sino all’80% – in un corteo che ha testimoniato le principali vertenze umbre, ma anche le tante questioni aperte nel settore pubblico, del commercio, della scuola, dell’agricoltura e dei pensionati.

Tanti, anche, i lavoratori atipici, precari, disoccupati, cassintegrati che stanno sperimentando sulla propria pelle, ormai da troppo tempo, il disagio di un mercato del lavoro che precarizza ed espelle con troppa facilità. Trasformando donne e uomini in semplici numeri, fattori produttivi.
Dal palco di Piazza della Repubblica è stata testimoniata anche la posizione dei giovani, studenti che – pur impegnandosi con serietà nella propria attività – non riescono a scorgere un futuro nella nostra regione, forse neppure nel nostro Paese.

I segretari generali regionali Mario Bravi (Cgil), Ulderico Sbarra (Cisl), Claudio Bendini (Uil), hanno ribadito dal palco la necessità di riaprire una discussione sulla legge di stabilità che permetta, tra le altre cose, una maggiore riduzione fiscale ai lavoratori dipendenti e pensionati, una reale difesa del welfare e che realizzi condizioni che diano certezze e occupazione ai giovani.

Poi hanno posto l’accento sulle questioni locali: ridefinire e rafforzare il ruolo del tavolo dell’alleanza per l’Umbria, riformare il tavolo delle crisi presso la Regione, riaprire il confronto vero con le associazioni datoriali, dare priorità alle aziende manifatturiere e ripristinare le risorse per la non autosufficienza. Ma anche rideterminare il ruolo di marketing territoriale proprio delle agenzie regionali Sviluppumbria e Gepafin di concerto con la cabina di regia della Regione.

Cgil, Cisl e Uil Umbria, inoltre, chiedono alle istituzioni di ridare centralità alle azioni di contrasto delle diseguaglianze. “E’ fondamentale – hanno scandito Bravi, Sbarra e Bendini – modulare le politiche fiscali di Regione, Province e Comuni sulla base di principi di equità e progressività, riducendo il peso per i redditi medio-bassi.
Sostenere il ruolo e la funzione del trasporto pubblico e dei servizi alla persona anche e non solo dal punto di vista della qualità delle infrastrutture, favorendo un processo vero e funzionale di riforma istituzionale”.

A concludere i lavori, l’intervento del segretario generale Uil Luigi Angeletti, che ha descritto la questione umbra come emblematica. “L’Umbria – ha spiegato – è l’esempio lampante di come in pochi anni un tessuto industriale importante sia stato messo in ginocchio dalla crisi e dall’assenza di politiche industriali adeguate da parte dei governi”.
La buona riuscita della manifestazione impegna le tre organizzazioni sindacali, anche a livello locale, per conseguire al più preso i risultati attesi e che erano parte integrante della piattaforma che ha promosso la sciopero con una manifestazione più importante rispetto alle altre regioni.

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