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Caro Alfio,

ti scrivo, da cittadino, per esporti un problema e sollecitarne la rapida soluzione.
Ma cerco di farlo, da amico, ampliando il respiro di questa lettera, in modo che non venga recepita come l’ennesima fastidiosa protesta fine a sé stessa.

Partiamo con il problema:
ormai da anni, nel centro storico del nostro capoluogo, è presente la Casa di Accoglienza “Maria Immacolata”;
struttura che nel tempo ha dimostrato il suo valore e che sicuramente è meritevole di ogni attenzione da parte della Città.
Come è prevedibile che sia, data la natura della struttura, la Casa di Accoglienza è visitata quotidianamente (talvolta più volte al giorno) da mezzi sanitari ed autoambulanze.
Tali mezzi, per poter raggiungere le vicinanze dell’entrata della Casa di Accoglienza e svolgere il lavoro per i quali sono stati chiamati, si insinuano fra le numerose auto
parcheggiate in Piazza San Giovanni e sono costretti a parcheggiare nel bel mezzo del trivio fra Piazza San Giovanni, Piazzetta Dante e Via Torino, bloccando completamente
la possibilità di entrare ed uscire con qualsiasi automezzo dalle vie sopra citate.
Spesso per periodi piuttosto lunghi. E il tutto, ironia della sorte, accade sovente negli orari in cui di solito si esce per accompagnare i propri figli a scuola o per recarsi in tutta fretta al
posto di lavoro.

Intendiamoci ed evitiamo fraintendimenti:
So bene che, chi in quel momento si trova sulla lettiga ha un problema ben maggiore del mio.
So bene che il personale sanitario in quel momento sta svolgendo il suo benedetto lavoro.
So bene che in quegli orari i Vigili sono impegnati in altri luoghi.
Aggiungo, inoltre, che a mio parere la Casa di accoglienza DEVE poter essere raggiunta in ogni momento agevolmente dai mezzi di soccorso, senza che questo procuri intralcio o difficoltà a
chicchessia.

Quello che trovo intollerabile non è il problema in sé, ma è come si possa arrivare ad una situazione del genere e la sensazione che tutto ciò sia ineluttabile.

Sorvoliamo sul fatto che l’intero centro storico sia una zona in cui è vietata la sosta e che quindi, teoricamente, autoveicoli in Piazza San Giovanni non dovrebbero proprio esserci.
Mi rendo conto che, soprattutto a pochi mesi dalle elezioni, non sia consigliabile dare inizio ad una crociata a colpi di verbali…
Ma se proprio vogliamo far finta di non vedere, almeno facciamolo in maniera elegante.
Che ne so…si transenni o si delimiti una porzione di piazza destinata esclusivamente alla sosta delle ambulanze…118, Croce Rossa o Misericordia che sia…
L’importante è che si faccia qualcosa.
Perché in situazioni come queste, dove si smarrisce ogni tipo di regola, di logica e di razionalità, quello che ne esce fuori è per tutti (per chi ci parcheggia, per chi ci abita, per chi ci viene
per lavoro…)
l’equivalente della casa della libertà di guzzantiana memoria. Ovvero “facciamo un po’ come cazzo ci pare…”.

Stamattina, bloccato per l’ennesima volta nel garage di casa, ho perso la pazienza e mi sono trovato ad inveire contro il nostro (malcapitato) amico comune Paolo (con il quale vorrei scusarmi…).
Ma oggi pomeriggio, proprio mentre digito queste frasi, sento di nuovo i clacson inferociti, testimonianza del fatto che un nuovo servizio sanitario (ahimè…) è in atto.

Non credo che una situazione del genere sia più sostenibile, Alfio.
Ripeto: non per il problema in sé, che sicuramente rappresenta una lacrima nell’oceano di difficoltà quotidiane che ci troviamo ad affrontare. Ma per il segnale che viene mandato e percepito.
Perché se è vero che il sonno della ragione genera mostri, stiamo ben vedendo che il sonno e l’inerzia delle istituzioni, delle amministrazioni e della politica genera i forconi.

Concorderai con me sul fatto che non è sufficiente nominare una segreteria di partito piena di giovani per certificare o per sancire che una nuova generazione ha preso le redini di questo martoriato
Paese.
Per poterlo dire dobbiamo cominciare a modificarlo davvero, questo mondo.
E se per modificare il mondo occorre cominciare trovando il parcheggio per un’ambulanza…per la miseria, facciamolo.
Almeno questo.

Un abbraccio fraterno.

Mauro Moretti

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