Esattamente come un anno fa, dietro lo scudo della decisione democratica dei lavoratori, l’FBM di Marsciano inaugura un nuovo tipo di gestione delle crisi, una contrattazione nella quale esiste solo una parte; l’azienda.
A nulla sono valse le intermediazioni del Sindaco Todini e dell’assessore regionale Riommi e i comunicati di solidarietà del consigliere Chiacchieroni; l’azienda, abituata dalla politica locale e regionale ad essere il fiore all’occhiello delle nostre realtà produttive, affonda il colpo senza alcuna riconoscenza per quei soggetti che gli hanno permesso e concesso tutto: montagne artificiali, rotonde dedicate, musei e cave in abbondanza.
Non a caso, nella scorsa legislatura, il Consigliere Sorbini votò contro alla richiesta di una nuova cava da 35 ha, che avrebbe dovuto salvare i livelli occupazionali, sia per il merito che per il metodo della richiesta: ci sembrava doveroso sanare quantomeno le zone precedentemente utilizzate.
Sulla presunta democraticità del voto delle scorso anno ci siamo già espressi più volte: di fronte alla scelta di fare un altro anno di cassa integrazione o andare direttamente a casa si può essere liberi solo di quella libertà che sognano alcuni padroni.
Perché, nonostante la narrazione democratica di questi anni che siamo tutti sulla stessa barca, i padroni sono minori in numero ma più forti di prima e spostano i loro profitti dalle realtà produttive a quelle finanziarie in barba ai lavoratori e ai tanti piccoli imprenditori, artigiani, professionisti e partite IVA che si spezzano la schiena per mantenere un posto di lavoro.
Che cosa faranno gli esercizi industriali e commerciali in un mercato nel quale, ogni giorno, si perdono migliaia di posti di lavoro e quindi di capacità di spesa e investimento?
A chi venderanno i loro prodotti?
In perfetta armonia con questo schema, ancora una volta, la proprietà dell’FBM, convoca un’assemblea alla quale sono obbligati a partecipare la maggior parte di coloro che pensano di salvarsi (perché stanno già lavorando) e mancano gran parte dei presunti ‘nominati’ (perché già a 0 ore o distaccati).
L’assemblea, così chiaramente libera alla presenza della proprietà che minaccia 60 licenziamenti in tronco al posto di 30, chiede e ottiene dalle RSU il ritiro delle le dimissioni, che hanno posto in essere su sacrosanta indicazione dei sindacati, e la firma dell’accordo unilaterale.
Proposta che prevede l’assoluta discrezionalità dell’azienda sulla scelta degli esuberi: niente carico familiare, niente anzianità di servizio, niente di niente.
Noi non ci permettiamo in nessun modo di giudicare i partecipanti all’assemblea perché nessun lavoratore dovrebbe trovarsi con le spalle al muro a decidere della vita dei suoi figli contro la vita dei propri colleghi, anche perché, in un primo momento, tutti si erano detti disponibili a contratti di solidarietà che avrebbero scongiurato gli esuberi.
Facciamo nostra proprio la proposta dei contratti di solidarietà per tutti i lavoratori coinvolti invitando le Istituzioni a far tornare sui propri passi l’azienda con tutti i mezzi formali e informali a propria disposizione.
- Federico Santi, L'altra Marsciano
- 25 Settembre 2014
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