E’ davvero emozionante affrontare il tema “I giovani e l’Europa” in occasione di questo incontro che suggella l’amicizia e la vicinanza tra il Liceo “Jacopone da Todi” e i Licei di Dreux in Francia, Melsungen in Germania, Wroclaw in Polonia. Si può affermare che, in questo momento, il nostro Liceo si propone come un crocevia d’Europa, animato con passione dall’obiettivo ambizioso e lungimirante della costruzione di una cittadinanza europea, affidato in primis alle giovani generazioni. E questo importante obiettivo è stato coltivato dal Liceo “Jacopone da Todi”, nel corso degli anni, attraverso numerosi scambi linguistici e culturali con le scuole dei Paesi dell’Unione Europea, di cui è viva testimonianza l’incontro odierno; infatti, la conoscenza e il dialogo tra studenti della grande famiglia europea rappresentano una straordinaria opportunità per costruire e cementare un sentimento di comune appartenenza al grande progetto ideale e culturale dell’Europa.
Questa positiva tensione del nostro Liceo verso una dimensione autenticamente interculturale ha comportato certamente il superamento di un angusto e anacronistico localismo, l’affermazione nella nostra comunità educante dell’ampio respiro della dimensione europea e internazionale, la consapevolezza di un’apertura formativa in grado di coniugare l’identità personale e locale con il contesto del mondo globale e del dialogo tra culture plurali. In tal modo, si è reso possibile lo sviluppo nei giovani della coscienza del glocale, ossia di una Weltanschauung che vede nel dischiudersi fiducioso del soggetto alla realtà complessa e articolata del nostro pianeta un rafforzamento della coscienza identitaria personale, piuttosto che un suo annullamento o disconoscimento. Infatti, una delle sfide essenziali per l’educazione del XXI secolo è costituita proprio dal superamento dell’ingannevole opposizione tra le identità legate al particolare e l’identità universale: le varie identità si pongono piuttosto come dei cerchi concentrici, dei piani molteplici compresenti e coesistenti nella nostra vita (per noi cittadini europei, ad esempio, è possibile vivere le identità familiare, regionale, nazionale, europea, terrestre). E allora, l’adesione alla patria terrestre, di cui parla appassionatamente Edgar Morin, non implica certamente per il soggetto il disconoscimento del proprio radicamento locale, la rinuncia ai caratteri fondamentali della propria cultura di appartenenza, proponendosi invece come l’apertura al confronto tra le culture, all’interscambio fecondo e dialogico dei vari modi di essere e di vivere. L’unità planetaria, insomma, non cancella la pluralità delle identità, che sono piuttosto “messe in circolo” e sottratte ad un destino di chiusura e di ripiegamento su sé stesse. E uno “snodo” fondamentale del ritrovamento dell’identità terrestre, sfida educativa determinante per il futuro della convivenza umana, è rappresentato dall’edificazione di una cittadinanza europea, segno visibile e concreto della nostra comune identità europea.
In altri termini, l’ideale della cittadinanza europea trova il suo terreno di elezione nell’educazione e nella cultura, nella conoscenza e nel dialogo, nel sentimento dell’Europa che germoglia fecondo nei nostri giovani, come senso di appartenenza ad una vera e propria comunità di destino, per utilizzare un’espressione di Otto Bauer. E la coscienza dell’Europa è un ideale di grande rilevanza nel momento storico che stiamo vivendo, in cui scenari di crisi e scompaginamenti inaspettati dei tradizionali assetti geo-politici alimentano nell’umanità il senso dell’incertezza e della precarietà del futuro. Ebbene, io ritengo che l’Unione Europea, uno dei più straordinari eventi politico-sociali degli ultimi decenni, possa costituire un ancoraggio sicuro per affrontare le grandi sfide della contemporaneità e indirizzare l’umanità verso l’affermazione compiuta degli ideali di libertà e di democrazia. Non possiamo dimenticare, infatti, che l’Unione Europea costituisce, senza tema di smentita, l’area del mondo in cui le libertà fondamentali e i diritti umani sono maggiormente tutelati e promossi. E questo risultato è il frutto di un processo, la costruzione europea, che ha posto fine a secoli di inimicizie e di conflitti tra i popoli europei, tragicamente culminati nelle due guerre mondiali del Novecento. Nel secondo dopoguerra, l’Europa ha finalmente ritrovato le ragioni della sua unità, della sua identità comune, che affonda le sue radici primarie nell’humus della cultura e della ricerca conoscitiva. È innegabile, infatti, che l’uomo europeo possa essere definito tale in quanto erede di un processo storico plurimillenario, derivante dal “miracolo greco”, sorto in una piccola penisola montuosa incastonata in un lembo dell’Europa e dolcemente cullata dalle onde azzurre del Mar Egeo. Come scrive Bruno Snell, nel suo saggio, ormai classico, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, i Greci “hanno creato proprio ciò che noi chiamiamo pensiero”, hanno scoperto lo spirito umano, e in particolare lo “spirito europeo”.
Per questo, occorre salvaguardare e rafforzare lo “spirito europeo”, vale a dire l’idea d’Europa fondata in primis sulla cultura e sulla conoscenza, magistralmente evocata da grandi filosofi come Immanuel Kant ed Edmund Husserl. Questa idea, dunque, che non è mai stata abbandonata nel corso dei secoli, anche quando le inimicizie e le rivalità tra i popoli europei l’hanno messa in pericolo o addirittura l’hanno aspramente negata, è stata riaffermata da uomini illuminati e coraggiosi nel secondo dopoguerra, al fine di allontanare per sempre dall’Europa e dal mondo gli orrori della guerra e dei totalitarismi, dell’arbitrio e della sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Tra costoro, mi piace citare Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, che, nel 1941, in un momento tragico per la storia europea e mondiale, confinati nell’isola di Ventotene dal regime fascista, preconizzarono, con grande lucidità, l’avvento degli Stati Uniti d’Europa. Così infatti si espressero i tre intellettuali nel Manifesto di Ventotene, documento fondamentale per la storia dell’unità europea: “occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. […] Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi, del movimento per l’Europa libera e unita!”.
Questo messaggio è stato senz’altro raccolto dai popoli europei nei decenni successivi, anche se non compiutamente: soprattutto negli ultimi anni, infatti, in concomitanza con una lunga crisi economica che attanaglia gran parte dei Paesi europei, abbiamo assistito ad una sorta di “rinascita” degli egoismi e dei particolarismi nazionali, che sembrano ostacolare e mettere in discussione il compimento del sogno europeo indicato con vigore dagli autori del Manifesto di Ventotene. Allora, affinché questo sogno non vada in frantumi, svanendo a favore del riemergere dei nazionalismi e della miope chiusura nei confronti della ricchezza della diversità, diventa decisivo il contributo dei giovani europei, meno condizionati da rancori ed egoismi nazionalistici rispetto alle generazioni adulte e più disponibili a guardare con fiducia all’Europa e al suo futuro comune.
E tale contributo potrà essere concretamente favorito puntando non certamente o non soltanto su mere operazioni di ingegneria istituzionale che riguardino esclusivamente i meccanismi e i poteri decisionali degli apparati europei, ma piuttosto su politiche attive dell’Unione Europea nei confronti dei giovani, tali da favorirne la naturale propensione alla curiosità intellettuale e alla conoscenza dell’altro da sé. In tal senso, il momento della formazione e dell’educazione diventa decisivo: il progetto formativo Erasmus ha rappresentato, grazie alla possibilità offerta ai giovani europei di frequentare una parte del percorso universitario in una nazione comunitaria, una iniziativa di grande rilevanza per l’acquisizione di una autentica cittadinanza europea; ebbene, tale progetto andrebbe ulteriormente sviluppato e implementato, estendendolo anche agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. E ancora, di fronte al dramma della disoccupazione giovanile che investe in modo preoccupante molti Paesi europei, occorrerebbe un intervento straordinario dell’Unione Europea, attraverso l’istituzione di un fondo sociale in grado di supportare in modo attivo ed efficace le politiche del lavoro degli Stati membri, ed in particolare di quelli in cui la disoccupazione giovanile superi un livello prestabilito. Un altro fronte da sviluppare sarebbe, poi, l’allargamento dei diritti sociali dei cittadini europei, con particolare riferimento ai giovani, affinché possano affrontare con fiducia il futuro e coltivare pienamente i propri sogni e progetti di vita e di lavoro.
Questi brevi esempi indicano come un investimento solidale dell’Unione Europea nei cittadini, e in primis nei giovani, che costituiscono il nocciolo della creatività, della freschezza e della speranza del nostro continente, potrebbe restituire forza e vitalità al grande sogno europeo, al soffio affievolito del vento gentile dell’Europa, il cui alito accogliente è pronto a riprendere con rinnovata energia il suo corso e la sua direzione virtuosa, così come invocato da Friedrich Nietzsche in una sua lirica ispirata: “Ha! Herauf, Würde! / Tugend-Würde! Europäer-Würde! / Blase, blase wieder, / Blasebalg der Tugend!” (“Ah! risollevati, dignità! / dignità virtuosa! dignità europea! / Soffia, torna a soffiare, / mantice della virtù!”).
- Sergio Guarente - Dirigente Liceo Jacopone da Todi
- 3 Maggio 2015
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