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L'inaugurazione dello Juventus Club intitolato a Franco Martelli con la presentazione del libro di Francesco Caremani ha permesso di raccogliere testimonianze dirette inedite
caremani francesco

Dopo tanto tempo si è tornati a parlare di Heysel a Todi con la presentazione del libro di Francesco Caremani, ospite dello Juventus Club intitolato alla memoria di Franco Martelli, tuderte, una delle 39 vittime di quella tragedia, un volume che ha squarciato il silenzio su una materia dura, difficile, dolorosa e che testimonia quanto sia complicato in Italia coltivare in alcuni casi la memoria, che è materia complessa e che non può ridursi ad una targa, ad una messa, ad una cerimonia commemorativa di faccia.

Serve ricordare per non dimenticare, ricordare per capire e perché non accada mai più: altrimenti la memoria diventa solo un feticcio da stadio. E’ lo spirito che ha animato la serata di venerdì all’Hotel Villaluisa, caratterizzata non solo dagli interventi del Sindaco Ruggiano, che ha portato il saluto dell’avvocato Vedovatto che si è occupato del processo a Bruxelles, e dell’assessore allo sport Ranchicchio, ma anche di alcuni testimoni di quella notte, compagni del viaggio di andata con Franco Martelli.

Dopo un’appassionata ricostruzione di Francesco Caremani, al tavolo sono stati invitati a parlare uno dopo l’altro Vittorio Spazzoni, Massimo Mosca e Giampiero Sargeni, i quali hanno raccontato il loro Heysel, aggiungendo aneddoti che, a 33 anni di distanza, hanno procurato profonda partecipazione nella platea. Particolarmente toccante quello di Mosca, che ha accettato di parlare per la prima volta in pubblico di quanto vissuto nella notte del 29 maggio 1985.

“La memoria è un lavoro quotidiano – ha detto Caremani – è soffermarsi a ripensare a Franco Martelli e agli altri non solo il 29 maggio. La memoria è andare nelle scuole, parlare con i giovani, fargli capire cos’è stato l’Heysel per il calcio contemporaneo, iniziando a ripulire l’argomento dai luoghi comuni trovati in Rete e dalle falsità prorogate/propagate nel tempo, spesso in malafede, in Italia e all’estero. E dopo questo lavoro di ripulitura raccontare le verità (non la Verità!), le tante piccole, a volta minuscole, verità di ciò che è accaduto, del perché, di come poteva essere evitato, del processo, delle responsabilità e poi di chi si è comportato bene e chi male con le vittime e i loro familiari”.

Una scelta difficile e non scontata quella di intitolare lo Juventus Club a Franco Martelli, in una città che ha saputo comunque dedicargli anche lo stadio di calcio di Pontenaia. Una scelta in parte sofferta anche quella di inaugurare il nuovo corso del Club con un argomento tanto delicato e controverso, ma che alla fine si è confermata preziosa per riflettere sullo sport di ieri e di oggi e per ribadire che il focus di quella tragedia sono soltanto i 39 morti e nient’altro. “Esistono verità fattuali e processuali inequivocabili e per un discorso serio sull’Heysel, per una memoria compiuta, si parte da qui”, ha concluso Caremani.

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