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L’inizio della “fase 3”, post COVID, nella sanità umbra obbliga come cittadino e come medico direttore di una Struttura Complessa che è stata sede di area COVID, ad alcune riflessioni.
Anzitutto, va riconosciuto che l’Assessorato alla Sanità e la Direzione Generale dell’Assessorato hanno dato prova di adeguata gestione della crisi ela task force regionale allestita e le varie figure tecniche che vi hanno lavorato, hanno prodotto conoscenze scientifiche ed indicazioni da cui sono derivate scelte operative coerenti e decise, che poi le direzioni aziendali hanno recepito ed implementato in maniera tempestiva ed appropriata.  Sarebbe, a mio parere , molto interessante che un gruppo multidisciplinare di professionisti coordinato dalla Direzione Generale dell’Assessorato, continuasse ad essere operativo anche in vista del piano sanitario. I medici, gli infermieri e gli operatori sanitari hanno lavorato senza risparmio, con coraggio nonostante il pericolo,  con raddoppi volontari dei turni e con grande umanità. In sostanza quindi, il “corpo” clinico ed amministrativo della nostra sanità ha dato prova di valore scientifico, assistenziale ed organizzativo.

L’emergenza ha evidenziato che sono stati due i cardini su cui la buona tenuta del sistema sanitario regionale ha poggiato:
1) l’assistenza territoriale , già buona e che  andrà rafforzata ulteriormente;
2) quegli ospedali che sono dotati di supporti tecnologici  adeguati e che dispongono di più specializzazioni organizzate tra loro in maniera multidisciplinare. Il COVID infatti ha richiesto che più competenze lavorassero insieme con grande interscambiabilità, flessibilità e capacità di adattamento, nonché con appropriato utilizzo di risorse tecnologiche anche molto avanzate ( Pronto Soccorso, Medicina Interna, Infettivologia, Pneumologia, Rianimazione, etc); questo è il tipo di ospedale che serve in tempi di calamità o di emergenza. Strutture ospedaliere troppo piccole non possono essere utili né per gestire i casi infetti in corso di epidemie né per sostituire le funzioni degli ospedali più grandi che fossero stati dedicati ai casi infettivi.  Spetta anche a noi operatori sanitari promuovere una riflessione sulla vocazione delle strutture ospedaliere presenti in Regione, per fornire alla collettività elementi utili ad una riflessione condotta da più punti di vista,  per una nuova organizzazione sanitaria che assicuri a tutti gli umbri un diffuso ed elevato livello quantitativo e qualitativo delle cure,realizzabile solo se fuori dalle logiche particolari territoriali e invece dentro un quadro di sostenibilità che è ormai ineludibile.

Un ultima riflessione imposta dal COVID: sarà necessario sperimentare al più presto nuove modalità di erogazione delle cure volte a portare l’ospedale e i suoi specialisti a casa dei pazienti , riducendo nel contempo i tempi ed il numero dei contatti non indispensabili. La Telemedicina offre proprio tali possibilità, ed i medici umbri sono pronti a mantenere il passo dell’innovazione anche in questo campo.

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