Con Mario Struzzi, scomparso il 30 ottobre scorso a 82 anni, l’Umbria ha perduto un grande professionista. Struzzi è stato una personalità eclettica, stimata e colta, impegnata da sempre nella società civile e nelle associazioni, ricoprendo, fra l’altro, le cariche di presidente regionale e poi di quello provinciale a Terni dell’Ordine degli architetti e di Governatore del Rotary Club.
Insieme al collega Paolo Leonelli, cui è rimasto sempre legato, aveva dato vita a Terni allo studio di architettura LS svolgendo importanti incarichi di progettazione in ambito civile e pubblico di livello internazionale.
Proprio insieme a Leonelli era stato artefice, fra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta del Novecento, del restauro di alcuni teatri storici dell’Umbria fra cui quello “più piccolo del mondo”, il teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio: omologato per 99 posti, due ordini di palchi interamente in legno, un foyer e camerini. Anche dopo aver riacceso le luci del teatrino è sempre rimasto in contatto con la comunità montecastellese ed ha sostenuto e incoraggiato la gestione della struttura a cui si era profondamente affezionato. Nel tempo, infatti, è ritornato in teatro con amici, studenti e colleghi e, mentre i suoi occhi si illuminavano, raccontava le fasi di quello straordinario recupero.
Ma l’opera di maggiore spicco nella sua carriera è stata senz’altro quella del restauro della piazza inferiore della basilica di San Francesco di Assisi per cui, i due architetti ternani, hanno ricevuto degli ambiti premi e citazioni. Un’opera maestosa del valore di dieci miliardi delle vecchie lire inaugurata in occasione del Giubileo del 2000.
Nella città del Poverello, per un periodo di 14 mesi, circa cento uomini, fra operai e tecnici, sono stati impegnati nel vasto cantiere mentre, nello stesso arco di tempo, 6 milioni di persone transitavano verso la Basilica fra le passerelle, testimoniando così l’attenzione alla sicurezza e alla fruibilità dei luoghi.
Per la pavimentazione della piazza di Assisi, Struzzi e Leonelli, ebbero l’idea o, se vogliamo, l’illuminazione, di introdurre delle pietre provenienti da ogni parte del mondo “per essere il segno tangibile dell’universalità di quel luogo”: il granito Yang Shan della Cina, la pietra quarzite rosa “Flamingo” del Brasile, il granito sabbia della Namibia, la pietra di Gerusalemme (della cava di Hebron) color sabbia, la trachite zovonite variegata calda dei Colli Euganei e la pietra rosa di Assisi.
Queste sei pietre insieme alla pietra di Mazzaro di Gravina, della stessa natura del travertino, storicamente identificabile con la città di Roma, avrebbero significato la trinitaria unione tra le città sante di Gerusalemme, Roma ed Assisi e la loro partecipazione all’ecumenismo mondiale.
Per questo progetto innovativo i ruoli dei due architetti si distinsero in chi (Leonelli) approfondiva la conoscenza dei vari tipi di marmo e chi (Struzzi) si preoccupava di assicurare una posa in opera perfetta, seguendo le variazioni dei colori e le forme delle pietre sempre tenendo conto della necessità di una elevatissima qualità dei materiali e di un’armonia cromatica con il luogo millenario e ricco di spiritualità.
Fedeli a questa linea dialogante e non oppositiva con la storia, tutti i vari restauri effettuati nel tempo hanno sempre rappresentato un’architettura sensibile verso la cultura costruttiva locale e urbana ma anche innovativa e singolarmente moderna.
Dal 2000 l’intervento di arredo urbano realizzato in piazza San Francesco da Struzzi e Leonelli, viene ormai associato all’immagine internazionale di Assisi mentre, dalla prima metà degli anni Novanta del secolo scorso, diversi teatri storici dell’Umbria, fra cui quello di Monte Castello di Vibio, hanno ripreso a funzionare contribuendo così alla salvaguardia dei luoghi e della memoria locale. Tanti progetti ben riusciti di cui tutta l’Umbria può andare fiera.