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I dati della XIV edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia, dal titolo "Tempi digitali", diffusi oggi da Save the Children
Presso la scuola media Facchinetti, scuola con cui lavoriamo nell’ambito del progetto Connessioni Digitali, è stato documentato uno dei laboratori che si svolgono nella Newsroom: aula riqualificata all’interno della scuola dove bambini e ragazzi fanno esperienza delle nuove tecnologie e del loro utilizzo in modo consapevole.

In Umbria il 79,4% di bambini e adolescenti tra i 6 e i 17 anni utilizza internet tutti i giorni (al di sopra della media nazionale, che si attesta al 73%), e lo fa soprattutto attraverso lo smartphone. Il 65,9% dei ragazzi italiani usa il cellulare tutti i giorni, percentuale che in Umbria sale al 73%. 

Si abbassa sempre di più l’età in cui si possiede o utilizza uno smartphone, con un aumento significativo dopo la pandemia: al Centro i bambini di 6­-10 anni che usano il cellulare tutti i giorni è passato dal 17,4% al 27,6% tra il biennio 2018­-19 e il 2021­-22.

Nonostante questo utilizzo diffuso, nella mappa europea sulle competenze digitali dei 16­-19enni, l’Italia si posiziona quart’ultima: la quota di giovanissimi con scarse o nessuna competenza è del 42% rispetto a una media europea del 31%. Il dato medio italiano nasconde ampi divari territoriali, con il Nord e il Centro più vicino ai valori medi europei (34% e 39%) e il Sud che ha oltre la metà dei ragazzi con scarse o nessuna competenza (52%). Se guardiamo ai giovanissimi che hanno acquisito elevate competenze digitali, gli italiani sono poco più di 1 su 4 (il 27%) a fronte del 50% dei coetanei francesi e del 47% degli spagnoli. 

Questi alcuni dei dati della XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Tempi digitali”, diffusi oggi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro -, in vista della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che si celebra lunedì 20 novembre. 

L’Atlante è una fotografia dell’Italia in un tempo in cui, per la prima volta, la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web, ed esplora le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale. E se da un lato emergono le conseguenze di una sovraesposizione al digitale, dall’altro ci sono anche quelle dell’essere esclusi dalla dimensione online, se non si ha accesso alla rete o si è privi di competenze. Nella pubblicazione di Save the Children, dati, mappe e interviste fotografano il bisogno di protezione per i più giovani mentre affrontano le “opportunità rischiose” della rivoluzione digitale in un’Italia che sconta ancora ritardi e carenze sulla strada per la transizione digitale, collocandosi al 18esimo posto tra i 27 stati membri dell’UE rispetto alla digitalizzazione dell’economia e della società. Per quanto riguarda la connettività, le famiglie con accesso alla banda ultra larga a fine 2022 erano il 52% (dato significativamente aumentato rispetto al 2016, quando erano appena l’8%), con differenze territoriali importanti. La rete ultraveloce con fibra fino all’abitazione raggiunge il 50,7% nella provincia di Perugia e il 51,8% nella provincia di Terni. Le famiglie ultraconnesse con fibra FTTH (fino all’abitazione rappresentano il 12,8% nella provincia di Perugia e il 15,5% nella provincia di Terni. 

“Tra opportunità e rischi, questo Atlante dell’Infanzia vuole essere una fotografia delle luci e delle ombre che le nostre ragazze e i nostri ragazzi stanno affrontando nel percorso lungo le autostrade digitali. C’è chi è stato messo nelle condizioni di percorrerle in fretta e di evitare gli ostacoli, chi con quegli ostacoli si è scontrato e chi, invece, quelle autostrade le vede solo da lontano. La pandemia da Covid-19 ha segnato un punto di svolta nella transizione digitale: se da un lato la tecnologia ha acquisito una sempre maggiore importanza in ogni sfera di vita dei bambini con un aumento del tempo passato di fronte agli schermi di pc e tablet, dall’altra molti studenti risultano privi delle necessarie competenze per affrontare il mondo digitale. Occorre pertanto un’accurata analisi dei bisogni e delle lacune esistenti, unita a un intervento per contrastare la povertà educativa digitale, una dimensione della povertà educativa che priva i bambini e i ragazzi delle opportunità per apprendere, sperimentare, sviluppare liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, etico e creativo degli strumenti digitali. Inoltre, è fondamentale ridurre le diseguaglianze e agire affinché i ragazzi acquisiscano le competenze digitali necessarie: la tecnologia può e deve essere una grande opportunità di sviluppo e di democrazia, ma va resa universale e utilizzata secondo regole condivise, altrimenti rischia di acuire le diseguaglianze e creare un esercito di esclusi”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice generale di Save the Children.

Nonostante la legge preveda che un utente possa avere accesso ai social solo dopo aver compiuto 13 anni, la realtà mostra una presenza massiccia di preadolescenti che hanno aperto un profilo indicando un’età maggiore o hanno usato quello di un adulto, spesso un genitore più o meno consapevole: il 40,7% degli 11­-13enni in Italia usa i social media, con una prevalenza femminile (47,1%) rispetto a quella maschile (34,5%). 

Il tema non riguarda però solo i social e il problema della verifica dell’età è diventato centrale per chi si occupa di attività online: bambini e adolescenti utilizzano piattaforme, tecnologie, software, algoritmi che non sono stati progettati per loro, correndo numerosi rischi. 

Inoltre, tra gli 11 e i 13 anni sono in aumento gli atti di cyberbullismo: in Umbria gli adolescenti vittime di questi episodi sono il 14,8%. Le ragazze sono più frequentemente vittime di atti di cyberbullismo, ma esiste anche una quota di “bulle” che colpiscono le compagne per isolarle e deriderle soprattutto negli anni della pre­adolescenza, quando i tempi di crescita non sono uguali per tutte. 

“La rete internet non è stata pensata per l’infanzia. Le sue regole, i suoi algoritmi, i suoi business non sono disegnati per accogliere i tanti bambini e adolescenti che oggi la popolano. È sotto gli occhi di tutti l’urgenza di ridisegnare gli ambienti digitali per farli diventare spazi sicuri. L’entrata in vigore il 21 novembre della delibera dell’Agcom con cui le sim intestate ai minori non avranno più accesso a contenuti inappropriati deve rappresentare solo il primo passo di un piano più ampio per un ambiente digitale a misura di bambini, bambine e adolescenti. Occorre sciogliere i nodi tecnici per verificare l’effettiva età di chi si iscrive ai social, rafforzare il contrasto alla produzione, diffusione e fruizione di immagini pedopornografiche, alla diffusione di immagini private senza consenso, del cyberbullismo, dei discorsi di odio e di tutto ciò che rende oggi violento e distruttivo l’impatto con la rete per i giovani naviganti. È fondamentale che anche l’Unione Europea, nel percorso di approvazione della Proposta di Regolamento sulla prevenzione e la lotta contro gli abusi sessuali sui minori mantenga come prioritario l’obbligo per le piattaforme di assumere un ruolo attivo nel contrasto alla pedopornografia. Questo richiede senza dubbio un forte investimento in termini di risorse e di tecnologie, ma non possiamo accettare che la sicurezza dei bambini in rete sia considerata meno importante rispetto a quella del commercio o del banking on line.  Senza sottovalutare, infine, la necessità di responsabilizzazione degli adulti, a partire dai genitori. Per rafforzare la loro consapevolezza, ad esempio, le aziende produttrici dovrebbero inserire tra le avvertenze di utilizzo di tutti i dispositivi digitali informazioni chiare e scientificamente validate circa il rischio di danni che l’esposizione precoce e prolungata può procurare ai bambini nei primi anni di vita. Più in generale, tutta la comunità educante deve attivarsi per far sì che l’ambiente digitale possa davvero diventare per i ragazzi e le ragazze un prezioso spazio di protagonismo”, ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.

I giovani e il digitale

Ragazze e ragazzi sfruttano la connessione per molteplici attività, a partire dalla messaggeria istantanea, utilizzata dal 93% dei 14-17enni. Tra le altre attività preferite dagli adolescenti online ci sono: guardare i video (84%, in crescita), frequentare i social media (79%) – con Facebook in drastico declino mentre avanzano Instagram, TikTok e Snapchat – e l’uso dei videogiochi (72,4%). Se le ragazze frequentano con più costanza e intensità i social media (84% contro il 74% dei maschi), il gaming impegna di più i ragazzi (81% contro il 64% delle ragazze), anche se le videogiocatrici sono in crescita. Ma i giovani utilizzano la connessione anche per informarsi: il 28,5% degli 11-17enni legge riviste e giornali online (percentuale che sale al 37% nella fascia 14-17 anni) e sfrutta i social media come canali di informazione, anche se non sempre dichiara di sapersi difendere dalle insidie delle fake news. I giovani usano sempre di più i social media per diffondere conoscenze e informazioni e fare attivismo, sfruttando anche la facilità di collaborazione e di partecipazione che offrono le piattaforme digitali.

Genitori onlife

Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) – di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 22,1% dei bambini di 2-­5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, computer, tablet o smartphone), per la maggior parte per meno di un’ora al giorno. I livelli di esposizione crescono con l’aumentare dell’età: se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha un’esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Dato inferiore in Umbria (54,4%), dove lo 0,9% di bambini è esposto per tre o più ore al giorno. 

Dipendenze da internet

L’Atlante di Save the Children evidenzia che in Umbria le ragazze e i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che mostrano un uso problematico dei social media sono il 12,5% (la media nazionale è del 13,5%). Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo dei social media c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Per quanto riguarda, invece, i videogiochi, in Umbria il 20,8% dei giovani di 11, 13 e 15 anni ne fa un uso problematico (sotto la media nazionale, 24%): qui sono però i ragazzi ad essere più esposti e l’età di maggiore esposizione, in questo caso, si abbassa a 11 anni. 

I comportamenti a rischio di dipendenza tecnologica, da social media o da gioco online, sono correlati a un aumento dell’ansia sociale, della depressione e dell’impulsività, nonché a una peggiore qualità del sonno e a un rendimento scolastico scarso. Un uso intensivo di internet è associato anche a una maggior rischio di sovrappeso o obesità, a causa dell’inattività (navigare a lungo vuol dire stare molte ore seduti, per lo più fermi), e per le cattive abitudini alimentari legate all’iperconnessione. In Italia è in crescita il numero di ragazze e ragazzi obesi o in sovrappeso, soprattutto al Sud, dove è maggiore anche la percentuale di 6-17enni che usano il cellulare tutti i giorni mentre in Umbria il dato è più contenuto: le ragazze e i ragazzi in sovrappeso o obesi sono il 20%, percentuale inferiore rispetto alla media nazionale (22,6%).

La prevenzione è un primo importante passo e dovrebbe concentrarsi sui più giovani visto che i più alti tassi di dipendenza da internet si riscontrano durante l’infanzia e l’adolescenza e necessita di un approccio congiunto di scuola e famiglia.

Benché ancora non esista una definizione univoca di dipendenza da internet, in Italia ci sono 87 centri territoriali che offrono assistenza ai minorenni attraverso équipe multidisciplinari formate da psicologi, assistenti sociali, educatori. La maggior parte si concentra nelle regioni del Centro Nord, con il primato della Lombardia (33 centri) e, a seguire, Marche (10) e Liguria (9), con diverse regioni scoperte. Le strutture sanitarie che in Umbria si occupano, tra gli altri servizi, di questo tipo di dipendenze sono cinque e si trovano a Perugia, Bastia, Foligno, Gubbio e Magione. 

Delle 10mila persone, tra giovani e adulti, che finora hanno contattato questi servizi in Italia, la fascia d’età più rappresentata è quella dei 15­-17enni (con il 13,7% dei maschi e il 9,2% delle ragazze) mentre quella tra 0 e 17 anni, nel suo complesso, costituisce quasi il 30% del totale. Per quanto riguarda le diagnosi, al primo posto c’è una generica dipendenza da internet, e, a seguire, internet gaming disorder, dipendenza dalle relazioni virtuali, da sesso virtuale, shopping online e sovraccarico cognitivo (o information overloading), ovvero la ricerca ossessiva di informazioni sul web. Spesso molte di queste dipendenze sono collegate anche con altri fenomeni: è emerso, per esempio, che ragazze e ragazzi che presentano un uso problematico di internet hanno anche una probabilità maggiore di soffrire di disturbi dell’alimentazione o mostrano un maggiore consumo di alcol e ansiolitici.

La scuola digitale

Nel processo di alfabetizzazione digitale, la scuola svolge un ruolo fondamentale nell’insegnare a utilizzare i linguaggi e gli strumenti in modo adeguato e sicuro. Dotare tutte le scuole di una connessione veloce e stabile e di strumenti digitali adeguati rappresenta il prerequisito essenziale per ridurre il digital divide e combattere la povertà educativa digitale, dando priorità agli istituti situati in aree particolarmente svantaggiate dove maggiore è l’incidenza della povertà materiale ed educativa. In questa direzione, una svolta importante per la transizione digitale del mondo della scuola è attesa con il PNRR, che prevede 2,1 miliardi di euro per finanziare il Piano Scuola 4.0 con interventi per il cablaggio, l’innovazione degli ambienti per l’apprendimento e degli strumenti digitali in tutte le scuole, , oltre che 800 milioni su formazione digitale dei docenti. 

Con il Piano “Scuole connesse” – avviato nel 2021 e che punta a connettere il 100% delle scuole del primo e secondo ciclo entro la fine del 2023 alla velocità di 1 gigabyte al secondo – sono 19.432 le scuole sul territorio nazionale che sono state “attivate” sulle 32.350 incluse nel Piano, ovvero il 60%. 

Secondo le stime, guardando alla percentuale di scuole con la banda ultra larga, l’Umbria si situa al di sotto delle media nazionale di scuole connesse – dall’infanzia alle superiori – con il 52,9% rispetto al dato nazionale del 69,3% mentre è la Puglia a guidare la classifica con l’85,6%, seguita dalla Lombardia (78,7%), fanalino di coda la Sardegna dove le scuole ancora prive di connessione ultra veloce raggiungono il 67%.

Per realtà territoriali difficili da raggiungere o poco dotate di opportunità culturali e ricreative, il digitale rappresenta uno strumento di innovazione didattica, utile, per esempio per collegare le piccole scuole, ovvero plessi che accolgono pochissimi studenti (poco più di 11mila in Italia), che diventano così luogo di sperimentazione e un importante presidio comunitario.

Più in generale, il digitale è un potente strumento per innovare e sperimentare, oltre che per l’inclusione. Tra le applicazioni più sperimentate negli ultimi anni c’è il gaming applicato alla didattica: dalle Escape Room per imparare le declinazioni del greco antico all’utilizzo del videogame Minecraft, passando anche per il coding, ovvero la programmazione informatica, tutte attività che favoriscono la creatività, il problem solving e il lavoro di squadra.

Ne è convinto Peppe de Ninno, professore di matematica e fisica e responsabile del digitale presso il Majorana Maitani, liceo scientifico e istituto tecnico di Orvieto. “La scuola digitale diventa un grimaldello per cercare di innovare la didattica – spiega De Ninno – Grazie a questi strumenti, infatti, è più facile lavorare in modo collaborativo. Nell’istituto di Orvieto c’è anche il “laboratorio di making”, un luogo del fare, dove i ragazzi hanno a disposizione tra le varie strumentazioni una stampante laser 3D, trapani, un braccio meccanico, una stazione video, droni e alcuni Arduino. Arduino sono delle schede che si applicano ai computer e con cui si possono realizzare piccoli dispositivi come controllori di luci, di velocità per motori, sensori, automatismi per il controllo della temperatura e dell’umidità e molti altri progetti che utilizzano sensori. “Noi, ad esempio, abbiamo creato un sensore di CO2 e lo abbiamo collegato a una campanella: quando la concentrazione del gas diventa troppo alta in classe, la campanella ci avverte”, racconta De Ninno. Si tratta di piccoli esperimenti per avvicinare gli studenti al metodo della scienza: impostare un problema e risolverlo secondo una strategia, attraverso l’uso di algoritmi.

Negli ultimi anni sono aumentate anche le tecnologie didattiche che favoriscono l’inclusione degli alunni con disabilità. In Italia il 76% delle scuole primarie e secondarie (statali e non statali) dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità, in Umbria sono l’83,6%, oltre la media nazionale del 76%.

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