Siamo sicuri che la costruzione in Umbria (e forse proprio nella zona di Todi) di un termovalorizzatore sia la soluzione giusta per la chiusura del ciclo dei rifiuti?
La realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento è stato previsto dal Piano regionale dei rifiuti approvato dalla Regione lo scorso novembre 2023 e sono già in corso le procedure per la messa in opera.
Una delle località maggiormente in predicato sembra essere proprio la zona pianeggiante ai piedi della città di Todi, a due passi dall’uscita della E45, di fronte a Monte Castello di Vibio: un bel biglietto da visita per luoghi ricchi di storia, di cultura e modelli del buon vivere.
In questi anni l’Umbria, grazie agli sforzi di istituzioni e cittadini, ha raggiunto una media ragguardevole di raccolta differenziata pari al 68,3% con punte, in alcuni comuni, ormai vicine all’80% (Montecastrilli, Ferentillo e Attigliano) o al 90% (Calvi dell’Umbria). E la media regionale della differenziata potrebbe essere essere ben più alta se il territorio del sub ambito n. 3 (Foligno-Spoleto-Valnerina) non avesse una media decisamente inferiore (56,8%).
Nell’ultimo anno di osservazione (2022) i rifiuti complessivi prodotti risultano in diminuzione di 3.281 tonnellate sull’anno precedente anche per il calo della popolazione residente mentre la raccolta differenziata è aumentata dell’1,4% passando dal 66,9 al 68,3%.
Gli ottimi risultati fin qui raggiunti in Umbria con la raccolta differenziata che hanno consentito di ridurre il rifiuto destinato in discarica o all’incerenimento, sono frutto di vari decenni di impegno che ha coinvolto tutti i cittadini a partire dalle scuole primarie dove sono state portate avanti campagne di sensibilizzazione per trasmettere quei valori che stanno anche a fondamento di una regione che da sempre è percepita come “Cuore verde d’Italia” che punta alla salvaguardia dell’ambiente. Molti comuni del nostro comprensorio come Todi, Monte Castello di Vibio, Marsciano e Fratta Todina si sono fregiati spesso del titolo di “Comune riciclone”.
Un lavoro lungo e paziente fatto anche di incontri sul territorio, campagne conoscitive, iniziative promozionali che oggi stanno dando i loro frutti e che potrebbero avvicinarci alla strategia dei “rifiuti zero” riducendo al massimo il ricorso alla discarica o, peggio, all’incenerimento.
Se andiamo a confrontare i risultati dell’Umbria (con una popolazione di circa 850 mila abitanti) con quelli di altre realtà come la città di Roma (con quasi 3 milioni
di abitanti) ci accorgeremmo che questa, oltre ad avere i cassonetti spesso traboccanti, ha un livello di raccolta differenziata intorno al 45,88% (dato del 2022). Per questo il comune di Roma ha in programma la costruzione di un inceneritore da 600 mila tonnellate annue nella zona di Santa Palomba (dove, per inciso, i cittadini lì residenti non sono certo d’accordo).
Una situazione completamente diversa da quella umbra che attualmente produce circa 130 mila tonnellate di rifiuto indifferenziato, in costante calo negli ultimi anni in cui si è passati dalle 166.367 tonnellate del 2017 alle 139.801 del 2021: un calo del 16% in 5 anni.
L’impianto che verrebbe costruito in Umbria sulla base del nuovo Piano regionale
avrebbe una capacità di incenerimento fino a 160 mila tonnellate all’anno fra rifiuti urbani e speciali. Quindi per poter lavorare in equilibrio economico finanziario le ipotesi sono due: importare rifiuti da fuori regione o diminuire il livello di raccolta differenziata!
Un inceneritore di rifiuti – classificato quale industria insalubre di prima classe – avrebbe un impatto dannoso per la salute, la qualità del cibo e dei prodotti agricoli, danneggerebbe l’economia e soprattutto il turismo, deprezzerebbe il valore delle case, farebbe fuggire gli stranieri e li terrebbe lontani dagli investimenti. L’immagine dell’Umbria intera verrebbe danneggiata.
Nella zona ci sarebbero impatti notevoli sulla viabilità a causa del movimento dei camion (70-80 al giorno), sull’inquinamento acustico, termico (con la produzione di vapore e nebbia), ambientale (con emissioni dalla ciminiera di anidride carbonica, diossine, furani, biossido di zolfo, Nox, metalli pesanti, ecc.). Poi, una volta avvenuta la combustione, ceneri e scorie (circa il 10% del volume e il 30% del peso dei rifiuti) andrebbero comunque trattate e trasportate in discarica con costi piuttosto elevati. Prima di permettere la costruzione di un nuovo ecomostro è bene che i cittadini, il mondo delle associazioni e le istituzioni locali facciano sentire, nelle forme che consente la democrazia partecipativa, il proprio parere in merito. In Umbria non c’è alcun bisogno di un ritorno al passato bruciando i rifiuti. Si possono trovare altre soluzioni più moderne e avanzate, in linea con la sua storia e la sua vocazione ambientale.