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Oggi, 10 febbraio, l’Italia si unisce nel Ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, una tragedia che per decenni è stata taciuta, negata o minimizzata, ma che oggi, grazie alla tenacia di chi ha combattuto per la verità, è finalmente riconosciuta come parte integrante della nostra storia nazionale.

Le foibe furono il tragico epilogo di un odio anti- italiano che si scatenò nelle terre di confine tra il 1943 e il 1945. Migliaia di nostri connazionali furono torturati, uccisi e gettati nelle cavità carsiche per mano dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito. A questo eccidio si aggiunse l’esodo forzato di oltre 350.000 italiani costretti ad abbandonare le loro case, le loro terre, la loro identità. Famiglie spezzate, comunità cancellate, radici strappate.

Eppure, per troppo tempo questa pagina di storia è stata colpevolmente dimenticata. Dopo la guerra, l’Italia scelse il silenzio: la narrazione ufficiale doveva esaltare la Resistenza, mentre le foibe e l’esodo erano un imbarazzo da rimuovere. Peggio ancora, per decenni si è assistito a un vergognoso negazionismo, portato avanti da una certa parte politica e culturale, che ha tentato di ridurre tutto a una “reazione contro i fascisti”, ignorando la realtà: nelle foibe finirono uomini, donne, anziani, sacerdoti, persino bambini, colpevoli solo di essere italiani.

La svolta arrivò solo nel 2004, quando il Parlamento italiano istituì la Giornata del Ricordo, con la Legge n. 92, per onorare le vittime e ricordare il dramma dell’esodo. Fu una conquista di verità e giustizia, ottenuta grazie all’impegno di chi non ha mai smesso di chiedere il riconoscimento di quella tragedia.

Ma ancora oggi, a 20 anni dall’istituzione della Giornata del Ricordo, c’è chi vorrebbe riscrivere la storia, chi continua a minimizzare, chi non trova nemmeno il coraggio di pronunciare la parola “foibe”. Lo dimostrano gli atti vandalici che hanno colpito monumenti e targhe dedicate ai martiri italiani, segno di un odio ideologico che ancora serpeggia in alcune frange estremiste. E lo dimostra il silenzio imbarazzante di una parte della sinistra, che ogni anno evita di prendere una posizione chiara e netta su questo eccidio.

L’Italia non può permettersi amnesie selettive. La nostra storia è una sola, e deve essere ricordata nella sua interezza. Oggi, come ogni 10 febbraio, onoriamo chi ha sofferto e chi ha perso la vita per il solo fatto di essere italiano. E lo facciamo con orgoglio, perché la memoria è il fondamento della nostra identità nazionale.

Come disse Indro Montanelli, uno dei pochi intellettuali che denunciò il dramma degli esuli quando ancora la verità era scomoda: “Noi italiani, un popolo senza memoria, quindi senza storia, quindi senza colpa e senza merito. Per questo sempre pronto a ricominciare daccapo, senza mai aver capito perché è finito così.”

Non dimenticare è un dovere. Onorare è un obbligo.

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