La fine del ciclo espansivo dell’edilizia in Umbria del triennio 2021-2024 – con il calo degli investimenti in costruzioni stimato al -4,9% nel 2024 e al -7,7% nel 2025, come documentato dagli “Scenari Regionali dell’Edilizia 2025” elaborati dal Centro Studi Ance – non è una questione tecnica distante dalla vita reale delle persone. È, al contrario, il termometro di una regione che rischia di assistere all’ennesima crisi di un settore essenziale per la propria identità produttiva.
In Umbria – ed in particolare a Todi – il comparto edile ha rappresentato per decenni un pilastro economico e sociale: imprese fortemente radicate nel territorio, una filiera artigianale di qualità e un sapere diffuso che hanno dato lavoro a generazioni di famiglie.
Oggi, però, come ha sottolineato il professor Luca Ferrucci, presidente di Sviluppumbria, in un forum tematico organizzato pochi giorni fa dal “Corriere dell’Umbria”, siamo di fronte al rischio concreto di un rallentamento strutturale. Dopo l’ondata di investimenti pubblici legata al post-sisma, al Superbonus e al PNRR, si profila una fase di contrazione aggravata dalle difficoltà che colpiscono molte imprese esportatrici umbre, da cui dipendono a cascata anche investimenti immobiliari e interventi di ristrutturazione.
La nostra città possiede un patrimonio edilizio straordinario – pubblico e privato – che meriterebbe politiche serie e strutturate di recupero, riqualificazione e rigenerazione. Serve superare gli interventi spot e i progetti faraonici, spesso scollegati dal contesto urbano, promossi dalla Giunta Ruggiano. In un contesto segnato dal calo demografico, non è più il tempo della nuova edificazione quanto, piuttosto, di investire nella qualità dell’abitare, nella messa in sicurezza e nell’efficientamento energetico del costruito esistente.
Per Todi, però, la rigenerazione urbana da sola non basta. La vera sfida è favorire il ripopolamento dei centri storici attraverso politiche di rigenerazione sociale: accesso ai servizi primari (sanità e istruzione in primis), potenziamento del trasporto pubblico locale, incentivi fiscali combinati per la nascita di nuove imprese, anche tramite affitti calmierati per unità produttive e abitazioni. In altre parole, recuperare la vivibilità nei centri storici e nelle “periferie” – intese in senso ampio – può diventare il volano di una nuova edilizia di qualità, sfruttando fattori abilitanti di innovazione come la digitalizzazione e l’utilizzo delle energie rinnovabili.
Da Todi, insomma, può partire, attraverso una prospettiva di governo alternativa, riformista e progressista, una nuova visione dello sviluppo edilizio in Umbria. Una visione che solleciti la Regione a elaborare, finalmente, un piano strategico per la rigenerazione urbana e sociale, coinvolgendo imprese, progettisti, scuole tecniche e università.
In questo contesto, l’idea avanzata da Ferrucci di costituire un cluster umbro dell’edilizia, in collaborazione con le regioni dell’Italia mediana, rappresenta una pista concreta da esplorare e mettere a terra. La Regione dovrebbe promuovere un tavolo permanente per il rilancio del settore, aprendosi anche a una dimensione extra-regionale e internazionale: le competenze sviluppate nella ricostruzione post-sismica possono diventare un asset strategico per l’Umbria anche all’estero.
Oggi lo sviluppo dell’edilizia non passa più attraverso la quantità, ma attraverso la qualità, la sostenibilità e l’equità delle scelte. Sta a noi, anche dalla città di Todi, contribuire a scriverne il futuro.








