C’è un orizzonte che scandisce il battito della Federazione Italiana Taekwondo come metronomo olimpico: Los Angeles 2028. Non è semplice data sul calendario, ma stella polare che orienta ogni scelta strategica, ogni investimento sui giovani, ogni innovazione metodologica. Il sogno a cinque cerchi non nasce sotto i riflettori, ma nel silenzio operoso delle palestre dove maestri appassionati riconoscono il diamante grezzo nascosto dietro un calcio ancora imperfetto.
Angelo Cito, presidente della FITA e figura di riferimento internazionale nell’European Taekwondo Union e nella World Taekwondo, ha trasformato l’ambizione olimpica in architettura sistemica. Non si tratta di cacciare medaglie con approccio episodico, ma di costruire un ecosistema dove talento, scienza e valori crescono simultaneamente verso quell’appuntamento californiano che potrebbe riscrivere la storia del taekwondo italiano.
La rotta verso Los Angeles: quando l’ambizione diventa metodo
Il percorso che porta ai Giochi non è linea retta, ma labirinto di qualificazioni dove ogni bivio richiede scelte strategiche precise. Grand Prix, Campionati Mondiali, tornei continentali: ogni tatami diventa crocevia dove si accumulano punti ranking che determineranno chi avrà il privilegio di indossare la maglia olimpica.
Ma la FITA ha compreso che guardare solo al calendario delle qualificazioni significa perdere la partita prima ancora di giocarla. Il vero salto qualitativo nasce nella capacità di anticipare i cambiamenti che stanno ridisegnando il taekwondo olimpico: regole di combattimento aggiornate, formati di gara più dinamici, ritmi che premiano chi sa leggere l’avversario in tempo reale piuttosto che chi si affida a schemi preconfezionati.
Gli staff tecnici federali lavorano con ossessione metodica sull’aggiornamento dei modelli di allenamento, trasformando ogni sessione in laboratorio dove si sperimenta ciò che funzionerà sotto la pressione olimpica. Non si tratta di inseguire mode passeggere, ma di costruire atleti adattabili capaci di reinventarsi durante il combattimento senza perdere lucidità quando il pubblico ruggisce e il cronometro ticchetta inesorabile.
L’ambizione federale è duplice e ambiziosa: eccellere a Los Angeles portando medaglie che pesano come macigni nella storia, ma soprattutto lasciare in eredità un sistema più forte, una pipeline di talenti che continuerà a produrre campioni ben oltre il 2028.
Dal talento al campione olimpico: la fabbrica dei sogni
Il talento non è mai colpo di fortuna che cade dal cielo come meteorite imprevisto. È processo scientifico fatto di osservazione metodica, selezione meritocratica e accompagnamento paziente attraverso le fasi di crescita. La FITA ha trasformato la ricerca dei talenti da caccia episodica a sistema strutturato che permea ogni angolo del territorio nazionale.
L’osservazione territoriale si è evoluta in protocollo preciso: più visite nelle palestre affiliate, raduni tematici dove giovani promesse vengono valutate secondo criteri condivisi che guardano oltre il risultato immediato. Capacità coordinative, mobilità articolare, tempi di scelta in situazione di pressione: sono questi gli indicatori che permettono di riconoscere chi ha margini di crescita esplosivi nascosti dietro prestazioni ancora acerbe.
I percorsi giovanili strutturati seguono filosofia meritocratica rigorosa dove età anagrafica conta meno della maturità atletica. Gli appuntamenti cadetti e junior diventano crogioli dove si tempra carattere prima ancora che tecnica, con transizioni accompagnate tra categorie che evitano i salti nel vuoto che hanno bruciato tanti talenti promettenti nel passato.
Ma il vero cuore pulsante del sistema risiede nella formazione dei tecnici. Corsi e aggiornamenti continui su periodizzazione dell’allenamento, prevenzione infortuni, preparazione mentale e uso intelligente dei dati in palestra trasformano istruttori intuitivi in scienziati del movimento capaci di leggere ogni atleta come libro aperto.
L’obiettivo federale è cristallino: generare continuità credibile dove ogni bambino che calcia un tatami possa vedere la strada concreta che porta dal club di periferia alla maglia azzurra olimpica. Non più sogno impossibile, ma percorso mappato con tappe verificabili che premiano impegno e talento in egual misura.
Scienza e tatami: quando l’allenamento diventa laboratorio
Il taekwondo olimpico contemporaneo ha voltato pagina in modo radicale. Velocità di lettura della situazione, scelta dell’azione ottimale, gestione tattica del ritmo: sono questi i fattori che separano il podio dalla mediocrità, non più solo la perfezione tecnica isolata che bastava nelle generazioni precedenti.
Gli staff federali hanno abbracciato questa rivoluzione trasformando ogni sessione di allenamento in esperimento controllato. I modelli di prestazione vengono aggiornati continuamente attraverso analisi video meticolosa che identifica indicatori semplici ma potenti per monitorare progresso individuale e carichi di lavoro ottimali. Non si tratta di sommergere atleti sotto montagne di dati incomprensibili, ma di estrarre le poche variabili che davvero fanno differenza e renderle actionable nella pratica quotidiana.
L’allenamento ecologico rappresenta la frontiera metodologica più promettente: esercizi che riproducono fedelmente condizioni della gara olimpica con spazio limitato, tempo che scorre inesorabile e pressione psicologica simulata. La variabilità dei compiti educa il cervello a decision making rapido, trasformando atleti robotici che eseguono schemi in strateghi capaci di improvvisare quando il copione salta.
L’approccio interdisciplinare completa il mosaico: preparazione fisica integrata che sviluppa forza esplosiva e potenza elastica, nutrizione calibrata sui cicli di allenamento, protocolli di recupero che accelerano la supercompensazione, mindfulness e tecniche di resilienza competitiva che blindano la mente quando la tensione sale. Vogliamo atleti completi capaci di trasformare qualità tecnica in efficacia spietata sul tatami olimpico.
Virtual, Freestyle e Poomsae: il taekwondo senza confini
Guardare a Los Angeles 2028 significa anche avere il coraggio di allargare il perimetro oltre i confini olimpici tradizionali. Tre discipline emergenti stanno ridisegnando l’universo del taekwondo, trasformandolo da sport di nicchia a fenomeno culturale capace di parlare linguaggi universali.
Il Virtual Taekwondo rappresenta il ponte con il mondo digitale che i nativi della generazione Z abitano naturalmente. Non è semplice videogame mascherato da sport, ma laboratorio straordinario di engagement e sviluppo motorio dove reattività, timing perfetto e controllo millimetrico del corpo vengono allenati attraverso interfacce che catturano l’attenzione di chi è cresciuto a pane e schermi. È strumento di reclutamento potente che attrae giovani altrimenti impermeabili al fascino del tatami tradizionale.
Il Freestyle esplode invece in creatività acrobatica dove tecnica millenaria incontra musicalità contemporanea. Calci impossibili, rotazioni che sfidano la gravità, presentazioni che trasformano ogni esibizione in teatro emozionale: questa disciplina educa all’espressività corporea arricchendo il bagaglio tecnico di chi poi tornerà a combattere sul tatami olimpico con consapevolezza nuova del proprio corpo nello spazio.
Il Poomsae chiude il cerchio con rigore formale che educa a precisione maniacale, equilibrio dinamico, respirazione consapevole e presentazione impeccabile. Lavoro di base che migliora postura e qualità del gesto anche quando si torna alla frenesia del combattimento competitivo.
Queste aree non sono alternative al taekwondo olimpico, ma strumenti complementari che formano atleti più completi e comunità più ampie e inclusive.
Classe arbitrale e intrattenimento: l’ecosistema completo
Un taekwondo che aspira all’eccellenza olimpica non può permettersi zone d’ombra nell’arbitraggio. La classe arbitrale italiana ha abbracciato la parità di genere come valore non negoziabile, con donne e uomini formati secondo standard identici e capaci di gestire dinamiche complesse con autorevolezza condivisa. Aggiornamenti costanti, confronto internazionale sistematico e utilizzo coerente delle linee guida garantiscono credibilità che si traduce in fluidità della gara, riducendo aree grigie che alimentano polemiche e aiutando tecnici e atleti a lavorare con riferimenti cristallini.
Ma il sogno olimpico passa anche dalla capacità di raccontare lo sport alle nuove generazioni. Contenuti brevi ma tecnicamente densi, analisi dei gesti che educano mentre intrattengono, format “impara-guardando” che trasformano lo spettatore passivo in apprendista curioso. Le contaminazioni con altri sport – calcio, ginnastica, danza urbana – e la collaborazione con creator che condividono valori affini amplificano la portata del messaggio.
Gli eventi esperienziali completano il quadro: aree demo dove il pubblico prova tecniche base, realtà virtuale che simula il combattimento olimpico, meet & train con i campioni azzurri. Più persone entrano in contatto con il taekwondo, più talenti possiamo scoprire e più robusto diventa l’ecosistema federale.
Il patto con la comunità: insieme verso il sogno olimpico
Per arrivare a Los Angeles con ambizione credibile non basta genio solitario, ma orchestra perfettamente accordata. Palestre, tecnici, atleti, arbitri, famiglie, partner: ognuno custodisce un tassello insostituibile del mosaico che porterà il tricolore sui tatami californiani.
La Federazione Italiana Taekwondo offre visione strategica, metodologie validate e strumenti operativi che trasformano intuizioni in risultati. Alle società affiliate chiediamo curiosità intellettuale, condivisione generosa delle buone pratiche e coraggio di aggiornare ciò che il tempo ha reso obsoleto. Il percorso verso LA 2028 non è promessa lontana ma presente quotidiano: ogni allenamento nelle palestre di periferia, ogni raduno giovanile, ogni gara di crescita rappresenta passo concreto verso quell’orizzonte olimpico che si avvicina inesorabile.
Con talento riconosciuto e coltivato, innovazione metodologica costante e comunità coesa attorno a valori condivisi, vogliamo salire sul tatami olimpico non per semplice partecipazione ma per contare davvero. E quando il gong suonerà nel 2028, saremo pronti: mente lucida, cuore leggero, Italia sul petto e lo sguardo fisso sul futuro che abbiamo costruito insieme.








