Come Civici per l’Umbria siamo stati tra i primi ad accorgerci del percorso sbagliato che la Giunta Proietti aveva imboccato per affrontare di petto il governo del sistema sanitario della nostra regione. Sbagliato innanzitutto perché illogico, e ciò che è illogico nasconde sempre qualcosa che non quadra. Infatti, perché affidare ad una azienda privata il compito di analizzare i conti quando sono gli organismi pubblici a doverlo comunque fare? Perché tanta fretta di sparare un alto deficit del bilancio sanitario senza controllarne la fondatezza e addirittura legarvi senza sentire nessuno la delibera di una vera e propria stangata fiscale? Perché prospettare poi un incombente commissariamento per rendere digeribile tutto questo ambaradan quando anche il più inesperto osservatore sa che per inadempienze della pubblica amministrazione prima c’è la diffida e poi comunque si tratta sempre? Non sono arrivate risposte convincenti. Anzi, ci sono state insistenze che per salvare la faccia sono diventate invece la classica toppa che è peggiore del buco.
Oggi comunque per l’essenziale le cose, almeno per le menti semplici e oneste, sono chiare. Il deficit sanitario c’è, ma non è né di 243 né di 90 né di 73 ma di 34 milioni. È anche assodato che per legge lo stato deve riconosce all’Umbria un credito di 48 milioni per il Pay Back dispositivi, che una volta incassato porterebbe il bilancio sanitario in segno positivo di diversi milioni. C’è poi un fondo di dotazione di 39 milioni che dal 2012 ad oggi ancora non è stato ripianato e che quindi dovrà esserlo. Quando e come però si tratta di stabilirlo con una trattativa con il MEF.
Dunque converrebbe ora fare punto e fermare finalmente le tifoserie. Perché se c’è una cosa insopportabile è la trasformazione della politica da arte del governo a tattica dello scontro, il cui risultato non può che essere un duplice e contestuale impoverimento del cittadino disarmato: acconciarsi al ruolo di tifoso e acconciarsi a pagare senza capire.
Quest’ultima vicenda intorno alla sanità dell’Umbria, se la si osserva bene, è un caso di scuola perché, anche se fosse solo frutto di improvvisazione e di casualità, appare comunque come un percorso studiato a tavolino, con una sola variante molto seria sfuggita poi al controllo.
Il percorso è: se vedo che chi ha governato arranca e può essere sconfitto, mi attrezzo per vincere sia attaccando i punti deboli che promettendo soluzioni rapide e radicali; vinco facilmente per abilità mia e per responsabilità oggettive e contestuale dabbenaggine dell’avversario; poi, quando mi accorgo che governare non è la stessa cosa che vincere, per non apparire quello che ha fatto promesse vane e anche per dimostrare chi comanda sul serio, mi invento soluzioni inusitate gridando all’emergenza e attribuendone le cause all’avversario sconfitto. Che almeno in parte sarà pure vero, ma che tuttavia non giustifica il trucco. Questo appunto è successo, o almeno così appare.
L’imprevisto è la reazione non tanto delle opposizioni, che è stata forte ed efficace ma anche doverosa e perciò scontata, quanto piuttosto della società, dalle organizzazioni alla stampa ai singoli cittadini. Così, quella che è apparsa subito una colossale mistificazione costruita sul problema più sentito dagli umbri, la garanzia di poter avere cure adeguate al bisogno, è stata rapidamente smontata. E si è rivelata con nettezza dopo solo pochi mesi la debolezza dell’impianto politico del Patto avanti, giacché a difendere la delibera dei 323 milioni di tasse sono rimasti solo i tre contraenti principali, essendosi messi a distanza anche i gruppi di appoggio, seppure con un po’ di imbarazzo di Azione e il silenzio di altri.
La conclusione non sappiamo se sarà, come sarebbe saggio, il ritiro della delibera e il passaggio ad una fase di responsabilità civica, come ha ieri auspicato Marco Regni, o una trattativa con i soggetti sociali per strappare il consenso su una rabberciata riduzione degli effetti nefasti del tentativo di stangata. Qualunque essa sarà, resta il fatto che non è chiaro come la nuova maggioranza vuole affrontare la riorganizzazione del sistema sanitario e istituzionale dell’Umbria. Perché la questione sanità si trascina dietro la questione di tutto il sistema, che dimostra tutta la sua inadeguatezza. E perché non si può più nascondere il fatto che il sistema politico umbro, fondato ormai da almeno un decennio su un bipolarismo rampante, non regge alla prova di realtà. Un allineamento apparente si è rotto. Il mondo sindacale e i soggetti politici che sono fuori dal sistema di potere e rappresentano l’area variegata delle culture liberali hanno manifestato il loro disagio e la loro contrarietà.
Forse il lato positivo della vicenda è che la sua indubbia drammaticità ha mostrato anche ai ciechi che le formule adatte a vincere (tutti contro un nemico comune) non servono a governare. Il bipolarismo non funziona perché esclude la cultura delle scelte meditate e razionalmente orientate al bene comune, piuttosto che al bene di parte diviso tra i contraenti del patto con sistema gerarchico, centralistico e piramidale.
Forse è ora di pensare ad altro e il tema riguarda tutti, anche e soprattutto i due schieramenti. Il nostro civismo ci consente di essere da stimolo per guardare avanti. Creeremo occasioni adatte al confronto per almeno cominciare un nuovo cammino.