Le coppie italiane, ma non solo, sono sempre di più alla ricerca di figli “perfetti, perciò è sempre più alto il numero di quanti ricorrono a test genetici per sapere se c’è rischio di qualche malattia ereditaria.
Talvolta si ottengono risultati che, ad una lettura affrettata o non competente, inducono a conclusioni errate che sconvolgono vite e programmi.
Secondo la dottoressa Manuela Seia del laboratorio di Genetica del Policlinico di Milano, che è intervenuta al Ventitreesimo Congresso Internazionale dei Biologi tenutosi a Roma dal 5 al 8 novembre, “Il problema oggi non è tecnico, ci sono kit commerciali ormai molto accurati e di facile utilizzo e dunque in grado di individuare correttamente le mutazioni genetiche.
Al contrario la situazione è drammatica del punto di vista dell’interpretazione dei risultati. Oggi la maggior parte dei laboratori, anche privati, può tecnicamente effettuare questi test, ma non tutti sono poi in grado di comprenderne il significato.
Non basta dire che c’è una mutazione genetica, bisogna anche sapere se effettivamente da quella specifica mutazione potrà derivare una malattia e, se sì, anche di che gravità”.
Un esempio emblematico è quello della Fibrosi Cistica, segnala il sito osservatoriomalattie rare.it, dove a mutazioni classiche e ben conosciute, che in genere portano a una forma di malattia si affiancano oggi sempre più nuove mutazioni che danno sintomi solo o addirittura forme così lievi da non dare alcun segno di malattia nelle donne mentre negli uomini si possono manifestare esclusivamente con infertilità.
“In questi ultimi casi dire semplicemente che si è positivi ad una mutazione genetica che causa fibrosi cistica è scorretto – dice la Seia – è una informazione incompleta con conseguenze drammatiche per chi la riceve, ed è il risultato dell’incapacità di saper effettivamente leggere i risultati”.
Bisogna infatti anche considerare che alcune mutazioni genetiche che possono essere individuate non sono ancora state collegate ad alcuna specifica patologia o che altre rappresentano solo ‘fattori di rischio’ per sviluppare delle malattie come ad esempio nella SLA.
“In questi ultimi casi dire semplicemente che si è positivi ad una mutazione genetica che causa fibrosi cistica è scorretto – dice la Seia – è una informazione incompleta con conseguenze drammatiche per chi la riceve, ed è il risultato dell’incapacità di saper effettivamente leggere i risultati”.
Bisogna infatti anche considerare che alcune mutazioni genetiche che possono essere individuate non sono ancora state collegate ad alcuna specifica patologia o che altre rappresentano solo ‘fattori di rischio’ per sviluppare delle malattie come ad esempio nella SLA.
“Capita che si rivolgano a noi donne che, dopo i risultati di test genetici, vengono a chiedere l’interruzione di gravidanza o un test invasivo di diagnosi prenatale – racconta la dottoressa -e magari scopriamo che non ce ne sarebbe bisogno. Con una consulenza genetica ben fatta si potrebbero evitare preoccupazioni ed esami inutili o interruzioni di gravidanza non necessarie”.