Secondo la Borsa Immobiliare dell’Umbria, sarebbero circa 4.000 all’anno le transazioni immobiliari gestite da mediatori non abilitati per 750 milioni di euro di provvigioni
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Comprare o vendere casa non è una semplice operazione economica. È una scelta che incide sul patrimonio, sulla stabilità familiare, sul futuro. Proprio per questo la mediazione immobiliare non è un’attività improvvisata, ma una professione regolata, vigilata, normata. Eppure, accanto al mercato ufficiale, continua a muoversi un mercato parallelo, opaco, difficile da intercettare, ma estremamente attivo.

La cornice normativa è netta. Per svolgere mediazione immobiliare servono requisiti personali e professionali, il superamento di un esame abilitante, l’iscrizione alla Camera di Commercio con il codice ATECO 68.31.00, oltre alle comunicazioni fiscali e previdenziali e all’assenza di precedenti penali. “La legge non lascia zone d’ombra: o si è abilitati, oppure no”, chiarisce Paola Berlenghini, agente immobiliare e membro del Comitato del Comitato di Vigilanza della Borsa Immobiliare dell’Umbria, organo della Camera di Commercio “Non esistono figure intermedie o scorciatoie legittime”.

Eppure l’abusivismo immobiliare resta una realtà diffusa e strutturale. A livello nazionale, le stime indicano che le provvigioni incassate ogni anno da soggetti non abilitati superano i 750 milioni di euro, segno di un fenomeno tutt’altro che marginale. Sempre su scala nazionale, accanto a circa 40.000 agenti regolari, si stima l’operatività di oltre 30.000 soggetti irregolari o para-professionali, spesso mimetizzati dietro altre qualifiche.

L’Umbria riflette questa dinamica. Incrociando il numero complessivo delle compravendite con le percentuali di intermediazione non regolare, emerge (la stima è data dalla proiezione nella regione dei dati nazionali offerti dalle associazioni di categoria) che circa 4.000 transazioni immobiliari annue potrebbero essere gestite con il coinvolgimento di mediatori non abilitati. In termini economici, significa oltre 11,2 milioni di euro di provvigioni sottratte al circuito regolato, senza assicurazioni, senza controlli, senza garanzie.

Il metodo è ricorrente. Chi non possiede il codice ATECO 68.31.00 si presenta come consulente, coordinatore, segnalatore, traduttore o referente di fiducia. In apparenza accompagna, nella sostanza svolge mediazione a tutti gli effetti. “Sono figure che spesso vengono percepite come più ‘vicine’ al cliente, ma non hanno alcun obbligo di tutela nei suoi confronti”, osserva Berlenghini. “Il mediatore, invece, è responsabile fino alla fine del processo”.

Il copione, nella maggior parte dei casi, è sempre lo stesso. Un intermediario si presenta come “persona di fiducia”, accompagna il cliente alle visite, promette di occuparsi di ogni aspetto e chiede un compenso per il suo supporto. Finché tutto fila liscio, nessuno fa domande. Quando emergono problemi urbanistici, incongruenze contrattuali o ritardi, quella figura scompare o si dichiara estranea alla trattativa. A quel punto il consumatore scopre di non avere né tutele né responsabilità a cui appellarsi.

Il nodo centrale è la neutralità. “Il mediatore immobiliare opera per entrambe le parti, garantendo equilibrio, correttezza e trasparenza”, spiega Berlenghini. “Chi lavora solo per una parte non è un mediatore e non può gestire una trattativa”. Una distinzione fondamentale, spesso ignorata dai consumatori, che finisce per trasformarsi in un boomerang.

Le conseguenze non sono teoriche. Chi si affida a intermediari abusivi rinuncia inconsapevolmente a ogni tutela: nessuna polizza assicurativa professionale, nessuna copertura in caso di errori, nessuna responsabilità riconosciuta dalla legge. “Quando qualcosa va storto, il consumatore scopre di essere solo”, avverte Berlenghini. “Ed è in quel momento che il danno diventa reale”.

L’abusivismo non danneggia solo chi compra o vende casa. Produce un effetto sistemico: altera la concorrenza, sottrae risorse al mercato regolato, comprime la qualità professionale e alimenta un circuito opaco in cui le regole diventano opzionali. Un danno che non è solo economico, ma anche culturale, perché normalizza l’idea che nel settore immobiliare “ci si possa arrangiare”.

Non va dimenticato che l’esercizio abusivo della mediazione immobiliare comporta sanzioni amministrative, responsabilità penali e l’obbligo di restituzione dei compensi percepiti. Ma il danno più grande resta quello sistemico: un mercato meno trasparente, meno affidabile, meno credibile.

Difendersi è possibile, ma serve consapevolezza. Gli strumenti sono semplici e accessibili: Registro delle Imprese, visura camerale, verifica del codice ATECO, richiesta del tesserino di riconoscimento. “Chiedere non è scortesia, è autodifesa”, ribadisce Berlenghini. “Chi è in regola non ha nulla da temere da una verifica”.

In Umbria è attivo anche un servizio di vigilanza sull’attività degli agenti immobiliari, che consente ai cittadini di segnalare situazioni sospette o irregolari, avviando controlli e procedimenti disciplinari. Uno strumento essenziale per riportare regole e fiducia in un settore che muove milioni di euro e condiziona la vita delle persone.

Perché una cosa deve essere chiara: nel mercato immobiliare non esistono affari facili senza rischi. “La scorciatoia, quasi sempre, è solo un modo per spostare il pericolo sul consumatore”, conclude Berlenghini. “E quando manca la tutela, il prezzo da pagare è sempre più alto”.

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