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Si rischia di fare la fine del famoso asino di Buridano che, incapace di scegliere tra due mucchi di fieno, morì di fame, mentre forse sarebbe sopravvissuto se avesse brucato l'erba sotto i suoi piedi
asino

In quel di Gubbio, ma non solo, sono giustamente preoccupati, che i rifiuti dell’Umbria, tali e quali come vengono raccolti o quasi, vengano buttati nei forni dei cementifici
, ma sembrano refrattari a considerare soluzioni che, almeno secondo il Cnr (l’ingegnere Paolo Plescia) e vari Comuni d’Italia, potrebbero migliore le emissioni causate attualmente dall’utilizzo di quelle miscele di oli combustibili impiegate per fare cemento e sembrano puntare unicamente sulla raccolta differenziata spinta che, anche se dovesse realizzarsi, non allontana il rischio di dover costruire inceneritori o di dover buttare i rifiuti, solo sommariamente trattati, nei forni dei cementifici.
Soluzioni che, tra l’altro sarebbero poco costose perchè trasformerebbero i cementifici, da imprese che guadagnerebbero enormemente dal far sparire rifiuti, ad imprese che risparmierebbero molte spese anche ad usare per il loro cemento il prodotto finale dei "Thor" a costo zero.

“Il piano regionale è sostanzialmente fermo e l’Umbria comincia ad essere in difficoltà sui rifiuti”.
Lo  ha affermato il consigliere regionale del Prc–Fds Orfeo Goracc
i, ricordando che la sua interrogazione in merito all’attuazione del Piano stesso, risalente al settembre 2010, non ha ancora trovato risposta.

Goracci spiega che durante la seduta dedicata all’attuazione del programma di legislatura “la presidente Marini non ha potuto assicurare alcuna forma di collaborazione sull’emergenza campana, non per cattiva volontà, ma semplicemente perché le discariche regionali stanno andando al completamento e nella configurazione attuale non potranno più ricevere, da qui a breve, nemmeno i rifiuti umbri. Le città umbre, medie e grandi, quelle che producono la gran parte dei rifiuti nella regione, stanno procedendo in ordine sparso e con risultati in alcuni casi al passo con la normativa(Gubbio, e lo dico con orgoglio, è tra queste pur avendo una delle tassazioni più basse ed essendo il comune più esteso dell’Umbria), in altri ancora molto indietro rispetto agli obiettivi del piano”.
“La stessa presidente Marini – continua Goracci – ha evidenziato come nel campo dei rifiuti sia necessario dare un’accelerazione, sostenendo i territori nella raccolta differenziata, sviluppando i progetti per la riduzione dei rifiuti e assumendo le decisioni per la chiusura del ciclo.
E sta qui uno dei punti maggiormente critici. Non ha infatti ancora visto la luce il progetto di fattibilità dell’impianto per il recupero energetico previsto in via prioritaria dal Piano regionale per giungere alla chiusura del ciclo.
Il rischio che si vada verso una situazione di emergenza che faccia scattare la seconda opzione del Piano, quella di far ricorso ai cementifici, sembra sempre più forte e vicino. Il presidente di Confindustria Umbria, Bernardini, mensilmente, ormai da anni, ripete il suo
mantra: ‘abbiamo le ciminiere pronte’”.
Il consigliere di Rifondazione comunista conclude rimarcando che “il governo regionale ed il centrosinistra umbro sono chiamati a dimostrare capacità e coerenza politica in un ambito, quello dei rifiuti, dove gli interessi imprenditoriali non giocano una partita secondaria. La presidente
Marini, la Giunta e le forze politiche che la sostengono – conclude Goracci – possono farlo soltanto procedendo celermente e senza ulteriori esitazioni nella piena attuazione del Piano regionale dei rifiuti, escludendo fin da subito di percorrere scorciatoie ed assecondare evidenti e dichiarati interessi imprenditoriali, che non pensano certo al bene, alla salute ed alla difesa del territorio dell’Umbria”.

Ma quella che non appare una scorciatoia e potrebbe rivelarsi una soluzione per i rifiuti ed in un miglioramento ambientale, anche per i siti che ospitano cementifici, non sembra ancora spuntata sull’orizzonte dell’Umbria.

Se ne parla invece in varie altre parti d’Italia.
Per esempio a Civitavecchia “” Malgrado non sia necessario differenziare a monte, anche questo metodo consente di recuperare un’alta percentuale di materiali riciclabili (metalli ferrosi e non ferrosi, inerti, plastiche e vetro) e materiali per l’edilizia (leganti e malte). A
nche qui non si producono cattivi odori, né microparticelle volatili, né diossina, né alcun tipo di elemento inquinante per l’aria, l’acqua e il suolo.
Oltre ai vantaggi già elencati, simili a quelli della soluzione ArrowBio, la micronizzazione permette di aumentare anche del 120% il calore di combustione dei rifiuti (rispetto ai cdr inviati ai termovalorizzatori) con un notevole risparmio di energia.
C’è una totale assenza di residui e la completa autosufficienza energetica del sistema. Il primo impianto Thor,…riesce a trattare fino a 8 tonnellate l’ora e non ha bisogno di un’area di stoccaggio in attesa del trattamento; è completamente meccanico, non termico e quindi non è necessario tenerlo sempre in funzione, anzi può essere acceso solo quando serve, limitando o eliminando così lo stoccaggio dei rifiuti e i conseguenti odori.
Inoltre, è stato progettato anche come impianto mobile, utile per contrastare le emergenze e in tutte le situazioni dove è necessario trattare i rifiuti velocemente, senza scorie e senza impegnare spazi di grandi dimensioni, con un costo contenuto: un impianto da 4 tonnellate/ora occupa un massimo di 300 metri quadrati e ha un costo medio di 2 milioni di Euro.”

Di Thor si parla anche a Pieve Emanuele,  nel Sud Milano.
Massimo De Bernardi, portavoce della sezione di Casale Monferrato del coordinamento provinciale ‘Si differenziare, no porta a porta’, è tornato a parlare di gestione e smaltimento dei rifiuti nel territorio casalese: “Gli impianti Thor e Arrow Bio della Buzzi Unicem possono offrire una soluzione” è la proposta di De Bernardi.
Anche in tanti altri posti si parla del Thor, anche se l’impressione è che questo sistema ha solo il difetto di essere stato inventato in Italia e costare poco, le stesse condizioni che hanno portato all’emigrazione della “fusione fredda”.

Per chi volesse approfondire la relazione del Cnr è allegata
 

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