Tra il 2007 ed il 2011 la spesa media annuale delle famiglie umbre è calata, al netto delle variazioni nel potere d’acquisto dovute all’inflazione, del 7%, pari in valore assoluto a circa duemila euro all’anno, contro una media italiana del 6,1%.
All’interno di questo dato generale, le spese per la sanità hanno fatto registrare un +10%, mentre le spese per alimenti e bevande sono diminuite del 7,1%, contro la media nazionale di –6,7% (in valore assoluto sono 456 euro l’anno in meno);
A evidenziarlo è un focus della Fipe, l’associazione dei Pubblici Esercizi aderente a Confcommercio, sui consumi delle famiglie per regione realizzato su dati Istat che non possono però tener conto dello sport nazionale: “l’evasione fiscale”.
In un panorama piuttosto fosco c’è spazio tuttavia per una nota curiosa: gli umbri sembrano consolarsi per la cinghia sempre più stretta dandosi…al fumo!
Nell’ambito di un calo generalizzato ad ogni tipologia di bene e/o di servizio, infatti, la nostra regione spicca tra le altre per il deciso aumento alla voce tabacchi, dove registra un +2,4%, seconda solo al +4,5% dell’Emilia Romagna e a fronte di un panorama italiano caratterizzato invece da drastici tagli alla spesa in sigarette e affini, con punte che arrivano al –39% della provincia di Bolzano e una media italiana di –16,5%.
Un dato ancora più singolare se raffrontato all’unica altra voce in positivo in termini di spesa in Umbria, ovvero quella della sanità.
Insomma, da un lato gli umbri si danno alle “bionde”, dall’altro investono sempre più in cure, forse perché sempre più vessati da ticket o costretti a ricorrere alla sanità privata.
D’altro canto, di che essere depressi hanno ben donde, perché negli ultimi 4 anni hanno vissuto solo di rinunce.
Significativo ed addirittura drammatico è l’andamento di abbigliamento e calzature, che fa registrare in Umbria un –20,9% (pari in valore assoluto a circa 435 euro all’anno sulla spesa di settore), il dato peggiore di tutto il Centro Italia, ben superiore al dato medio nazionale, pari a –11,3%.
Le spese per l’abitazione (compresi combustibili ed energia) si avvantaggiano del fatto di essere spese perlopiù obbligate e pertanto i tagli ci sono stati ma in modo assai limitato: in Umbria, con un –2%, la riduzione è comunque superiore alla media nazionale, pari a -0,4%.
Significativi invece i tagli nell’arredamento (-11,5% in mobili, elettrodomestici e servizi per la casa) e nei trasporti (-5,2%). La crisi ha imposto in modo generalizzato di rimandare le spese importanti a tempi migliori, se e quando arriveranno.
Non si salvano neppure le comunicazioni (-3,8%), che invece a livello nazionale sono in crescita (+3,5%).
Ma il dato più sconfortante arriva sul fronte istruzione, con un -27,8%, che stride pesantemente con i valori positivi di altre regioni, anche limitrofe (es. Marche +99%, Toscana + 69,7%, Emilia Romagna + 54,3%, Abruzzo e Molise +42,5%).
Si concede sempre meno anche allo svago: sul tempo libero, cultura e giochi, nel quale sono compresi anche i consumi fuori casa, l’Umbria fa segnare un –10,1%, quasi il doppio del decremento medio italiano (-5,8%), che tradotto in valori assoluti significa circa 150 euro in meno all’anno.
“I dati del focus Fipe – sottolinea il presidente della Confcommercio della provincia di Perugia Giorgio Mencaroni – sono una ulteriore sottolineatura della vera emergenza italiana ed umbra, ovvero consumi in recessione e sviluppo bloccato.
I provvedimenti del Governo non hanno fatto che accentuare tali dinamiche, che a livello umbro sono ancora peggiori rispetto al trend nazionale. Un elemento di cui le istituzioni locali, nel momento in cui si accingono a prendere decisioni su tasse e tariffe, debbono tenere ben conto: la coperta ormai è cortissima, le imprese sono allo stremo, quello che serve sono provvedimenti che ridiano fiato al mercato e aprano uno spiraglio alla crescita”.