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Intanto sale la polemica per l'affidamento all'esterno di una consulenza da 400 mila euro per preparare il nuovo Piano
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In un comunicato della Regione Umbria, pubblicato su questo sito il 6 giugno scorso, si affermava che“ il nuovo Piano regionale dei rifiuti analizzerà sia le problematiche inerenti il contenimento dei rifiuti smaltiti in discarica sia la riduzione delle quantità complessive prodotte, attraverso l’incremento della percentuale di raccolta differenziata, attuando, anche, nuove metodologie, già efficacemente sperimentate in altri contesti territoriali e puntando l’attenzione su un più efficiente recupero dei materiali, soprattutto della frazione organica umida. Lo smaltimento in discarica dovrà essere concepito come fase residuale mediante il perseguimento di politiche volte a destinare allo smaltimento quanto non fattivamente riutilizzabile in processi secondari o nel recupero energetico”.
Siamo ora in grado di rendere noto, anche al pubblico dei non addetti, che linee per una riorganizzazione della materia sono state già elaborate da Federambiente: Federazione Italiana Servizi Pubblici Igiene Ambientale. Di tale associazione fanno parte anche due gestori dei rifiuti umbri: VALLE UMBRA SERVIZI SPA di Spoleto e ASM SpA – AZIENDA MULTISERVIZI DI TERNI SpA.
Non è detto che tali linee siano recepite integralmente dalla Regione ma è certo che esse non potranno non essere prese in considerazione in un dibattito che ormai è maturo anche nella nostra regione.
Il rapporto, che pubblichiamo integralmente in allegato, onde favorire un confronto informato, elaborato da Federambiente sul finire dello scorso mese di aprile spazia su tutti i problemi della raccolta rifiuti e propone soluzioni sia a livello nazionale e locale.
Tralasciando le prime, tra le seconde, assume particolare rilevanza il passaggio alla raccolta porta a porta, oggetto anche di un recente convegno ad Orvieto che aveva brillato per la scarsissima presenza degli amministratori locali. Tale assenza era in gran parte causata dall’idea di molti amministratori locali che del problema rifiuti si dovessero occupare solamente le società a cui è stata affidata la gestione, dimenticando che senza uno stimolo “politico” tali strutture pensano unicamente a massimizzare i profitti e non certo ad imbarcarsi in nuove imprese che, pur a parità di guadagni, richiedono impegno e una certa dose di rischio.
Il concetto di raccolta porta a porta evoca, per i non informati, la necessità di aumento del numero degli addetti e quindi nuovi costi.
A tal proposito il “Rapporto Conclusivo della Commissione per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento di rifiuti” di Federambiente cita casi concreti con queste parole “Comparando sistemi di gestione diversi su territori uniformi per le variabili più comuni,se ne deduce che l’applicazione di politiche di raccolta domiciliare unita alla tariffazione del sistema comporta un minor onere per l’utente.
Nel caso dell’attività di un Consorzio nella zona di Treviso, ad esempio, il sistema adottato ha portato un costo di circa 140 €/anno/famiglia contro i 151€/famiglia pagati dagli utenti del capoluogo di provincia. Per contro, nei comuni gestiti dal Consorzio la quantità di rifiuto secco inviato allo smaltimento è stata di 99,5 kg/abitante e la percentuale media di raccolta differenziata pari al 75% contro gli oltre 138 Kg/abitante del comune capoluogo che vede una RD pari al 53% di media.
Conclusioni analoghe si raggiungono guardando i dati di uno studio comparato nel Comune di Rubano (PD). E’ infatti emerso che, oltre ad avere un benefico effetto sulla quantità totali di rifiuti solidi urbani smaltiti (raccolta differenziata superiore al 50%), questo diverso modo di contabilizzare la tariffa porta anche a benefici economici per gli utenti. In particolare, il costo della quota fissa si riduce in modo differenziato a seconda che si adotti un sistema di raccolta per il rifiuto residuo multiutenza (Presscontainer) o con un sistema di cassonetto personalizzato. Ovviamente, in entrambi i sistemi di raccolta, il costo totale del servizio su base tariffaria premierà gli utenti virtuosi che avranno separato più frazioni riciclabili ed inviato meno rifiuto allo smaltimento finale”
Ciò da solo dovrebbe servire a convincere i dubbiosi ed anche quanti per mera pigrizia fossero tentati di continuare su una strada che non ha sbocchi. Ed allora la maggiore quantità di personale necessario al servizio diventa una risorsa per lo sviluppo economico della zona in quanto le retribuzioni di questo personale si recuperano dai costi di incenerimento o di interramento nelle discariche nelle quali insieme a rifiuti indifferenziati seppelliamo attualmente anche i nostri ( dei cittadini) soldi. Il rapporto spiega bene come ciò avviene “A fronte di un ovvio aumento del costo di raccolta, che pero’ corrisponde ad un aumento occupazionale, il sistema domiciliare consente la vendita al conai dei materiali raccolti a prezzo pieno ed un minor costo per lo smaltimento della frazione residuale. Questi plus economici sono sufficienti a compensare l’aumento del costo della raccolta”. Minor costo per lo smaltimento significa meno discariche e meno inceneritori.
In merito a quest’ultimi, Federambiente propugna la necessità di passare da quelli ad alte temperature e grosse quantità a quelli con meno rischi di emissioni di sostanze inquinanti perchè a bassa temperatura con queste parole “promuovere uno più progetti guida su pirolisi e combustione di bassa temperatura dei rifiuti solidi urbani con sperimentazione di piccola unità di smaltimento (dell’ordine della decina di tonnellate al giorno) da sperimentare sul campo per realtà rappresentative di piccoli bacini”.
 Al di là dei necessari tempi della sperimentazione sul campo è ovvio che si tende ad arrivare ad affermare il concetto, responsabilizzante per tutti, che ognuno si tiene i rifiuti che produce sia nel bene: materiali recuperati da vendere ai riutilizzatori; che nel male: discariche ed inceneritoti

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