“Non si può imputare ai prodotti agricoli la responsabilità per gli aumenti di prezzo annunciati per i prodotti alimentari a settembre, come invece anticipato in modo strumentale in questi giorni dall’industria molitoria e della pasta”: è quanto afferma Coldiretti Umbria sostenendo come i prezzi delle materie prime pagati agli agricoltori restano ancora molto bassi, con un incidenza spesso trascurabile sul prodotto finito.
“Il 20% di aumento richiesto su pane e pasta a seguito dell’incremento del prezzo del grano – afferma Coldiretti – non ha ragione di esistere, in quanto gli aumenti registrati dai cereali nell’ultimo anno, incidono sul chilo di pane per appena 5 centesimi“. L’organizzazione di categoria ricorda in proposito che un chilo di grano che viene pagato agli agricoltori circa 20 centesimi al chilo produce (con l’aggiunta di acqua), un chilo di pane che viene venduto ai cittadini a valori variabili da 2,5 euro al chilo per il pane comune, a 5 euro e oltre per i pani più elaborati, con prezzi ancora molto più alti per i dolci.
Ma i rincari annunciati non trovano giustificazione neanche in una presunta mancanza di cereali italiani in quanto, secondo l’ultima rilevazione Ismea, “la produzione di frumento duro nel 2007 in Italia – riferisce Coldiretti – è aumentata rispetto allo scorso anno dello 0,9% per 4,13 milioni di tonnellate, mentre per il grano tenero l’aumento è dello 0,6% per una produzione di 3,23 milioni di tonnellate”.
Coldiretti sospetta quindi che gli allarmi potrebbero servire a coprire la volontà di aumentare le importazioni dall’estero di prodotti da spacciare come Made in Italy in assenza di una adeguata informazione in etichetta.
Per dare una dimensione della situazione il sindacato degli agricoltori informa che dei circa 467 Euro al mese che ogni famiglia destina per gli acquisti di alimenti e bevande oltre la metà, per un valore di 238 euro (51%), va al commercio e ai servizi, 140 (30%) all’industria alimentare e solo 89 (19%) alle imprese agricole. “È chiaro – denuncia Coldiretti – che bisogna adoperarsi per evitare il moltiplicarsi dei prezzi dal campo alla tavola, riequilibrando i rapporti nelle filiere a vantaggio della spesa dei consumatori e per remunerare gli agricoltori con prezzi adeguati”.
A riguardo viene fornita anche una elaborazione esplicativa della moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola: dal grano al pane il prezzo aumenta di 15 volte; dal grano alla pasta fresca il prezzo aumenta di 20 volte; dal grano ai dolci il prezzo aumenta di 70 volte.
- Redazione
- 3 Agosto 2007
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