Quando si parla di riscaldamento del pianeta, il riferimento a medie planetarie nasconde spesso situazioni di ben più ampia portata. Si parla spesso di variazioni nell’ordine di frazioni di grado centigrado.
Ma sul fronte del mare adriatico, dai cinque gradi della media invernale dell’ultimo secolo, già nel 2003 si è passati (sempre in inverno) a 13 gradi.
Un aumento di otto gradi che coinvolge anche le acque profonde dell’intero Mediterraneo, le quali registrano un aumento di due gradi.
Un’anomalia che fa saltare gli equilibri dell’intero bacino. A rischio in particolare la corrente dell’ Adriatico, una delle tre correnti mediterranee che assicurano la vitalità del nostro mare.
Nel 2003 questa corrente si è già “spenta”. Ed ancora non si sa come sia andata negli anni successivi.
Di vitale importanza per l’intero Adriatico oltre che per tutto il Mediterraneo, ha origine nel Golfo di Trieste, dove la bora, insieme agli altri venti freddi e ai fiumi raffreddano in inverno le acque marine fino a 4-5 gradi, facendole inabissare e creando una corrente profonda che scende lungo le coste occidentali italiane per poi riemergere a sud del Salento.
Nel 2003, ultimo anno di indagini oceanografiche nell’area, la corrente non è stata rilevata. Senza questo movimento nord-sud, dicono gli esperti “l’intero Adriatico si trasformerebbe in un mare fermo e sempre più caldo e dal mare di Trieste fino alla costa pugliese si creerebbe una palude salmastra dove lo scambio di ossigeno non arriva oltre lo strato superficiale”.
Questi i dati emersi da un’elaborazione dell’Istituto per la ricerca sul mare (Icram) e provenienti dal gruppo di lavoro sull’ ambiente marino della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici.
In particolare, si legge nel rapporto, l’inverno scorso la temperatura del Tirreno fino a 100 metri di profondità è stata di due gradi sopra la media stagionale: 15 gradi contro i 13 che si misurano abitualmente nella colonna d’acqua.
- Redazione
- 15 Settembre 2007
Condividi su facebook
Condividi su twitter