La Dichiarazione del Millennio, fu adottata dall’ONU nel 2000 e pose il 2015 come la data obiettivo per raggiungere la maggior parte degli obiettivi.
La strada percorsa, i risultati raggiunti e da raggiungere nonché le difficoltà da superare sono state condensate, con la partecipazione di numerose organizzazioni internazionali, nel rapporto pubblicato recentemente che fa il punto sulla situazione alla fine del 2005, quindi ad un terzo del periodo complessivo previsto nella “Dichiarazione”.
La relazione ONU è ora disponibile anche in italiano, per merito dell’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), ed evidenzia in generale un buon grado di raggiungimento degli obiettivi ma contestualmente mette in evidenza come i risultati possano essere pesantemente condizionati dal riscaldamento climatico della Terra.
Lo sviluppo che si riesce a mettere in moto anche in una remota regione è un fattore di fondamentale importanza per tutte le altre perché così si stabilizza la popolazione di quel territorio e si riducono di molto quelle migrazioni di poveri che tanto preoccupano le nazioni ricche.
Le seguenti sono alcune misure del progresso in corso, ma che deve essere ancora perseguito completamente:
– La proporzione della popolazione che vive in estrema povertà è caduta da circa un terzo a meno di un quinto tra il 1990 e il 2004. Se il trend fosse sostenuto, l’obiettivo della riduzione della povertà sarebbe raggiunto nel mondo intero.
– Il numero di persone in estrema povertà nell’Africa sub-sahariana si è livellato ed il tasso di povertà è sceso di quasi il 6% dal 2000.
Nondimeno, la regione non sembra poter raggiungere l’obiettivo di dimezzare la povertà entro il 2015.
– Un certo progresso è stato fatto nella scolarizzazione dei bambini nel mondo in via di sviluppo. L’inserimento nella scuola primaria è cresciuto dall’80% nel 1991 all’88% nel 2005. La maggior parte di questo progresso ha avuto luogo dal 1999.
– La partecipazione politica delle donne è andata crescendo, sebbene lentamente. Anche nelle nazioni dove prima solo agli uomini era consentito candidarsi alle elezioni politiche, ci sono donne che ora hanno un seggio in parlamento.
– La mortalità infantile è declinata globalmente, e sta diventando chiaro che gli interventi tesi a salvare la vita dei bambini si stanno rivelando efficaci nel ridurre il numero di morti causate dalle principali malattie infantili, come il morbillo.
– Gli interventi-chiave per il controllo della malaria sono stati diffusi.
– L’epidemia di tubercolosi, finalmente, sembra iniziare a declinare, sebbene il progresso non sia così rapido da dimezzare i tassi di prevalenza e di mortalità entro il 2015.
Le proiezioni che presentano la situazione più critica sono quelle relative all’Africa Sub-sahariana. Anche regioni che hanno fatto progressi sostanziali, come parti dell’Asia, affrontano sfide in aree come la salute e la sostenibilità ambientale.
Più generalmente, la mancanza di opportunità di impiego per i giovani, le disparità di genere, l’urbanizzazione rapida e non pianificata, la deforestazione, la scarsità d’acqua e l’alta prevalenza di HIV sono ostacoli molto seri.
In più, l’insicurezza e l’instabilità nelle nazioni in conflitto o appena uscite da un conflitto rendono gli sforzi di sviluppo a lungo termine estremamente difficili.
Queste sono alcune delle sfide che devono essere affrontate:
– Oltre mezzo milione di donne ancora muoiono ogni anno per complicazioni prevenibili della gravidanza e del parto. Le probabilità che una donna muoia per queste cause nell’Africa Sub-sahariana sono una su 16 nel corso della sua vita, in confronto a una su 3.800 nel mondo sviluppato.
– Se la tendenza attuale continuerà, l’obiettivo di dimezzare la proporzione di bambini sottopeso sarà mancato nella misura di 30 milioni di bambini, soprattutto a causa del progresso troppo lento nell’Asiameridionale e nell’Africa sub-sahariana.
– Il numero di persone che muoiono di AIDS nel mondo è aumentato a 2,9 milioni nel 2006, e le misure di prevenzione stanno fallendo nel mantenere il passo con la crescita dell’epidemia.
– Metà della popolazione del mondo sviluppato manca di servizi igienici di base.
– In una certa misura, queste situazioni riflettono il fatto che i benefici della crescita economica nel mondo in via di sviluppo sono stati distribuiti in modo difforme. La disuguaglianza crescente nei redditi è particolarmente evidente nell’Asia orientale, dove la partecipazione al consumo delle risorse da parte della popolazione più povera è scesa drammaticamente tra il 1990 e il 2004.
– La maggior parte delle economie hanno fallito nel fornire opportunità di impiego ai loro giovani, con i giovani che hanno più di tre volte maggiori probabilità di essere disoccupati rispetto agli adulti.
– Il riscaldamento del clima è ora indubitabile. Le emissioni di Co2, la principale causa
del cambiamento climatico globale, sono salite da 23 miliardi di tonnellate nel 1990 a 29 miliardi di tonnellate nel 2004. Si prevede che il cambiamento climatico avrà impatti economici e sociali seri.
Numerose nazioni in via di sviluppo stanno dimostrando che un progresso rapido e su larga scala è possibile quando una forte leadership di governo e politiche e strategie che mirino
efficacemente verso i bisogno dei poveri sono combinate con un supporto adeguato sul pianofinanziario e tecnico da parte della comunità internazionale. In particolare, risultati sorprendenti si sono raggiunti nell’Africa sub-sahariana in aree come l’innalzamento della produttività agricola (in Malawi, per esempio), l’incoraggiamento della scolarizzazione (come in Ghana, Kenya, Uganda e la Repubblica Unita di Tanzania), controllo della malaria (come in Niger, Togo, Zambia, Zanzibar), ampliamento dell’accesso ai servizi di salute rurali (Zambia), riforestazione su larga scala (Niger), e maggiore accesso all’acqua e ai servizi igienici (Senegal e Uganda). Questi successi ora devono essere confermati e portati
a livelli più alti.
Il successo nel raggiungere gli obiettivi nelle nazioni più povere e svantaggiate non può essere raggiunto da queste nazioni da sole. Le nazioni sviluppate devono impegnarsi pienamente e a lungo termine per raggiungere l’obiettivo di aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) dello 0,7 percento del prodotto interno lordo entro il 2015.
Questo richiede, in particolare, che il gruppo delle 8 nazioni più industrializzate mantengano fede all’impegno preso nel 2005 per raddoppiare l’aiuto all’Africa entro il 2010 e che gli stati membri dell’Unione Europea riservino lo 0,7% del loro PIL all’aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015.
A dispetto di questi impegni, l’aiuto pubblico è sceso tra il 2005 e il 2006 e ci si aspetta che continuerà a scendere leggermente nel 2007 con il diminuire dell’assistenza al debito estero.
Affrontare la sfida del cambiamento climatico deve essere un elemento nuovo ma integrale della strategia di sviluppo di ciascuna nazione. Ma ancora più importante è che questo tema diventi parte a pieno titolo dell’agenda di sviluppo internazionale: tutti i partners per lo sviluppo dovrebbero collaborare intensivamente per una strategia condivisa globale che affronti questo problema globale.