Le foreste italiane sono nel mirino dei mutamenti climatici, ma per adesso quelle umbre non sono tra quelle per cui il pericolo è maggiore.
Tuttavia il pericolo incombe perché la condizione di alte temperature rilevata per l’Umbria è la stessa delle regioni limitrofe che invece registrano i boschi e foreste in maggior sofferenza.
In Italia otto foreste su dieci risultano a rischio siccità, perchè interessate dalla diminuzione delle precipitazioni piovose e nevose.
Mentre poco meno di un terzo dei boschi (31%) è già colpito dall’aumento delle temperature, che registra nel nostro Paese un andamento a “macchia di leopardo” con grandi differenze tra zone distanti anche pochi chilometri.
Dai dati provenienti da 400 stazioni termopluviometriche distribuite su tutto il territorio nazionale emerge una lista di 23 foreste italiane minacciate in primo luogo da siccità, caldo e azione combinata di questi due elementi.
Tra le maggiori emergenze climatiche quella che colpisce i boschi di peccio (abete rosso) del Lago Gabiet, in Val d’Aosta, dove in 20 anni la media delle precipitazioni è passata da 2.800 millimetri di pioggia l’anno a 1.000; o le faggete di Boscolungo, in Toscana, dove mancano all’appello 1.700 millimetri di pioggia l’anno (da 4.000 a 2.300 millimetri); sempre le faggete di Pescasseroli, in Abruzzo, dove si registra un saldo negativo di 900 millimetri di pioggia l’anno.
Va comunque considerato che “il cambiamento climatico, nel nostro paese, non è uguale dovunque – ha spiegato Carlo Blasi, del Centro interuniversitario biodiversità – la maggiore riduzione di precipitazioni viene registrata sull’arco alpino, nella bassa pianura padana e nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna), mentre il più forte aumento di temperature avviene in Toscana, Umbria, Abruzzo, Sicilia, Sardegna e Puglia.
Le regioni sottoposte al maggior processo di inaridimento dei suoli sono Marche, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna”. In generale, secondo lo studio i boschi che stanno maggiormente subendo le conseguenze della diminuzione di precipitazioni nell’arco alpino sono le peccete (abete rosso) e i querceti di rovere e farnia.
Scendendo più giù lungo la penisola, invece, le foreste soffrono del maggiore inaridimento, ossia della pressione congiunta di siccità e caldo: è il caso specifico delle faggete e dei querceti di roverella e cerro.
Nell’Italia meridionale, specialmente in Puglia, Calabria e Basilicata, il maggior elemento di rischio per lo sviluppo dei boschi è costituito dall’innalzamento delle temperature che minaccia la virgiliana, la vallonea e il fragno, tutti appartenenti al genere delle querce.
Mentre nelle isole, a rientrare nelle aree a maggior cambiamento climatico sono le sughere e la macchia mediterranea in Sicilia e i boschi di leccio in Sardegna.