Gli Ogm mostrano tutti i loro difetti. Uno studio del febbraio di quest’anno lancia l’ennesimo allarme: piante geneticamente modificate per produrre la tossina Bt (che in natura viene sintetizzata dal bacillus thuringiensis e che è letale per alcuni parassiti dei cereali e del cotone) hanno indotto resistenza nel lepidottero helicoverpa zea, che attacca soprattutto il cotone e che, adesso, per essere debellato necessita di dosi elevate di antiparassitari.
Tutto ciò accade in Mississippi e Arkansas, in piantagioni di cotone geneticamente modificato (gm) con Bt. Viene così a mancare una delle principali motivazioni dei difensori degli Ogm (riuscire a fare a meno dei pesticidi), mentre Greenpeace aveva denunciato questo tipo di pericoli già in un rapporto del 2004.
La scoperta rilancia l’uso del bacillus thuringiensis che è utilizzato dagli anni ’50 nell’agricoltura “biologica e sostenibile” per eliminare insetti nocivi senza danneggiare altre forme di vita.
La tossina naturale si è dimostrata selettiva e molto efficace contro alcuni organismi infestanti, mentre le tossine Bt prodotte da colture transgeniche sembrano essere nocive non soltanto per i parassiti delle piante, ma anche per altri utili insetti predatori.
C’è la speranza che i difetti degli ogm facciano cambiare idea anche gli agricoltori italiani che sono più propensi a sperimentare le coltivazioni gm.
Secondo una recente ricerca di Demoskopea condotta in Lombardia per conto di Assobiotec, il 67% dei coltivatori di mais sarebbe pronto a coltivare da subito ogm, mentre il 74% è favorevole alle sperimentazioni in campo aperto al fine di comprendere i reali benefici degli organismi transgenici in agricoltura; e secondo l’81% del campione è assurdo proibire l’importazione di mangimi gm.
Una specie di plebiscito pro ogm, insomma, col 76% dei produttori che si sente ingiustamente penalizzato rispetto ai colleghi di altri Paesi.