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330 strutture turistiche umbre che si pubblicizzano sul web non avrebbero alcuna autorizzazione secondo Federalberghi – Confcommercio della provincia di Perugia
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Il “fai da te” anche in tema di strutture turistiche può funzionare solo se ci si nasconde nel buio, ma per questa attività la ricerca della luce ed essenziale e così si lasciano tracce di una attività che si vorrebbe tener nascosta almeno alle autorità.

Ed allora, “Se è vero che il turismo “viaggia” sempre più in rete, è altrettanto vero che una ricerca sulle strutture ricettive extralberghiere umbre, effettuata proprio tramite la rete, può riservare molte sorprese, non sempre positive”, dice Vincenzo Bianconi, presidente Federalberghi – Confcommercio della provincia di Perugia, nel commentare i risultati del lungo lavoro di monitoraggio, effettuato dalla organizzazione, sulle attività che propongono la propria offerta commerciale tramite internet.

I risultati del monitoraggio di Federalberghi, iniziato a ottobre dello scorso anno, sono stati presentati all’assessore regionale al turismo Fabrizio Bracco, nel corso di un incontro nel quale si è parlato espressamente dei problemi di questo settore economico, sul quale pesa anche il fenomeno abusivismo.
La ricerca in rete ha rilevato 1.583 strutture ricettive extralberghiere umbre – 1.057 agriturismi, 423 case vacanza e 103 country house – sulle quali è stata effettuata una comparazione con l’elenco ufficiale della Regione, composto dalle strutture con regolare autorizzazione.

Dalla comparazione è emerso che 85 strutture risultano autorizzate, ma promuovono la loro offerta sul web in modo non coerente rispetto all’autorizzazione ottenuta: ad esempio, una country house che si propone come agriturismo.
Il dato più preoccupante è però che ben 330 strutture non sono state rintracciate nell’elenco regionale. Delle 330 strutture di cui non si trova traccia negli elenchi regionali, 147 sono agriturismi, 153 case e appartamenti per vacanze, 22 sono country house.  

“In molti casi – commenta Andrea Barberi, vicepresidente Federalberghi, con delega specifica a questa iniziativa – non siamo riusciti a risalire ad alcuna autorizzazione.
Si tratta di attività cessate? Hanno cambiato nome? 

Secondo noi, per la gran parte, si tratta di casi di abusivismo. Abbiamo perciò chiesto all’assessore Bracco di predisporre i controlli necessari a riportare chiarezza e trasparenza anche in questo mercato turistico.
Oltre al danno da concorrenza sleale che il fenomeno dell’abusivismo comporta per le attività che operano nel rispetto delle regole, in questo caso cì troviamo di fronte anche ad una comunicazione scorretta con gli utenti della rete, che a lungo andare può creare ulteriori problemi per l’immagine e l’appeal dell’Umbria turistica.
Proprio con l’intento di contribuire a fare la massima chiarezza, è nostra intenzione effettuare una analoga iniziativa di monitoraggio nel settore delle case private che si propongono per attività ricettiva”.

“L’assessore Bracco ci ha garantito che solleciterà i Comuni ad effettuare i controlli che sono sotto la loro responsabilità – commenta il presidente Bianconi – ma l’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato chiaramente che questa delega all’ente locale non porta grandi risultati. 
E’ sufficiente andare su internet, come abbiamo fatto noi, per scoprire un mondo di attività dai connotati incerti e di dubbia regolarità. Ci chiediamo perché questa iniziativa debba essere effettuata da una organizzazione di categoria e non invece da chi è preposto ai controlli.
Dalla lotta all’abusivismo, secondo noi, i Comuni potrebbero trarre risorse significative, senza dover gravare ulteriormente – ad esempio con l’imposta di soggiorno ma anche con l’intero sistema dell’imposizione locale – su quanti operano nel rispetto delle regole, in un mercato sempre più difficile e in una congiuntura davvero preoccupante”. 

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