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Eccessiva dipendenza dei tecnici dai politici, alcuni dei quali ritengono la classe politica degna di un rispetto maggiore di quello che si deve ad un normale cittadino
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Su due cose occorrerebbe riflettere a seguito degli sviluppi della cosi detta “Sanitopoli umbra”
invece di fare polemiche a senso unico.
Come noto insieme ai politici sono stati rinviati a giudizio vari tecnici.

La leggerezza
, in genere, con cui molti tecnici affrontano l’attività amministrativa l’abbiamo più volte segnalata su questo sito facendo riferimento ad esempio alle deliberazioni dichiarate immediatamente eseguibili e pubblicate all’albo pretorio, ciò rese certe e pubbliche, a distanza anche di mesi dalla loro presunta adesione.
Abbiamo detto “presunta” perché in chi legge non potrà mai esserci certezza che tra la data dell’adozione e quella della pubblicazione la materia non sia stata aggiustata in base agli sviluppi successivi alla prima data.
Peraltro la mancata pubblicità tempestiva fa sorgere il dubbio che ci sia qualche cosa da nascondere o da far conoscere in ritardo.
Ritardi spesso imputabili al “menefreghismo” autolesionista o alla scarsa preparazione giuridica dei tecnici, ma anche alla situazione in cui i tecnici si trovano di fronte ai politici.
Una sciagurata riforma della pubblica amministrazione ha infatti consegnato la pubblica amministrazione italiana nelle mani dei politici proprio nel momento in cui ha affermato l’autonomia dei tecnici.
Prima la situazione era raffigurabile dal detto “ i politici passano come i treni, il tecnico è come la stazione: sta sempre lì”.
Il tutto a significare che un tecnico che avesse avuto gli attributi poteva resistere alle “porcherie” dei politici con rischi limitati.

Ora invece il tecnico ha incarichi e retribuzioni a tempo concessi pressochè discrezionalmente: “se non stai buono la paghi” e pochi se la sentono di fare l’eroe ed allora dietro ai desideri dei politici, che spesso scelgono non in base alla competenza ma solo alla disponibilità verso di loro, proprio perché non hanno le capacità – i politici – di confrontarsi sul piano tecnico e fare le pulci, quando occorra, ai tecnici.

L’altra riflessione è sulla presunzione assoluta dei politici, almeno di alcuni, di essere diversi dai normali cittadini.
Viene quasi voglia di indire per loro un “Politici Pride” a sentire il consigliere regionale umbro del Pdl Massimo Monni interrogare la Giunta regionale per sapere “se non ritenga opportuno sospendere dall’incarico attribuitogli l’ingegner Di Loreto, almeno fino al terzo grado di giudizio, in modo da poter accertare le effettive responsabilità”.
Forse in altri tempi ed altri Stati la richiesta sarebbe stata logica, al di là del tanto sbandierato “garantismo”, ma in Italia dove tanti e tanto in alto ancora stanno politici che già sono stati condannati in primo e secondo grado, la richiesta appare essere una provocazione belle e buona.

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