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In cerca di un'area per lo svernamento nella valnerina umbra, un orso marsicano ha varcato i confini con l'Abruzzo ma, sentendosi minacciato dal ripetuto inseguimento, il grande carnivoro ha attaccato i due cani intenti alla caccia al cinghiale allo scopo di difendersi
orso

Il Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia ha confermato la presenza in Umbria di orsi bruni e lanciato un appello affinchè l’animale venga lasciato in pace durante il periodo del letargo.
Come scrive Wikipedia “La specie, un tempo diffusa in tutta la zona ad est degli Appennini dalle Marche alla Puglia, ma a causa del bracconaggio e della eccessiva caccia ora in Abruzzo è presente una popolazione isolata (da alcuni considerata sottospecie), l’orso bruno marsicano, di cui rimangono solo circa 80-100 esemplari: attualmente pare che la popolazione sia in espansione e si sia irradiata anche in Lazio e Molise.
I maschi di questa sottospecie hanno un peso medio che varia da 150–200 kg ma possono arrivare anche a pesare fino a 300 kg ma raramente lo superano, in posizione eretta raggiungono un’altezza media di due metri, mentre le femmine sono il 25% più piccole. Questa sottospecie è il secondo carnivoro più grande d’Italia dopo la sottospecie nominale di orso che vive in triveneto”.
Quindi l’orso bruno sicuramente si trova in Abruzzo e forse ha deciso di farsi una passeggiatina anche nella valnerina umbra

Il resoconto dell’Università è dettagliato:
“Nella giornata di giovedì 12 dicembre 2013 la squadra di caccia al cinghiale Sant’Uberto di Norcia, in braccata fra le località Avendita di Cascia e Ocricchio di Norcia, ha constatato il decesso ed il ferimento grave di due segugi già addestrati su cinghiale, entrambi maschi adulti di taglia media e corporatura robusta.
I fatti, a circa un’ora di distanza l’uno dall’altro, si sono svolti mentre i cani erano in attività di inseguimento e segnalazione, tramite vocalizzazione, di fauna selvatica.
Il primo soggetto è stato ritrovato privo di vita in un esteso coltivo circondato dal bosco, disteso sul fianco destro e con unica lacerazione tondeggiante sulla regione lombare, senza tracce di sangue né sul corpo né sul terreno.
Il secondo, a circa cinquecento metri di distanza in linea d’aria, è stato ritrovato in stato di shock, accovacciato nel folto della vegetazione boschiva, con una profonda perforazione fra l’arto posteriore sinistro ed il basso ventre, associata, in prossimità, da solcature più superficiali.

Constatati i fatti e in considerazione dello stato dei luoghi presso i quali sono stati recuperati i soggetti, l’ipotesi dei due proprietari dei cani (di Norcia) e di altri componenti la squadra Sant’Uberto, è stata quella di attribuire la causa dell’accaduto ad un gruppo più o meno numeroso di canidi di taglia medio-grande.
È stato quindi  interessato il Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia al fine di determinare con esattezza le cause dei ferimenti.

La necroscopia, s
volta in data 14 dicembre 2013 presso il Laboratorio di Zoologia Ambientale dell’Università, ha dato i seguenti risultati: esternamente, ad eccezione della già menzionata unica lacerazione, non si apprezza alcuna altra palese  lesione; scoprendo le fauci si evidenzia modesto versamento ematico compatibile con stravaso interno.
Alla palpazione accurata risulta una possibile discontinuità della colonna nel passaggio toraco-lombare.
L’incisione della cute a tale livello mostra una vasta raccolta ematica in coagulo fibroso e fratture delle coste posizionate in guisa simmetrica, due a due, a cavallo del dorso. Proseguendo nell’ispezione la cavità addominale appare in ordine, con i visceri intatti e al loro posto, interessata da un modesto stravaso ematico. La cavità toracica, al contrario, risulta quasi colma di versamento ematico in fase di coagulo, i polmoni appaiono lacerati in più punti, il pericardio lacerato ma il miocardio integro, alcuni dei grandi vasi lacerati.
Un grande carnivoro con fauci amplissime, completamente spalancate, ha azzannato il cane dall’alto,  in perpendicolare  sul dorso, ortogonalmente al rachide dorsale, sollevato l’animale e scosso violentemente approfondendo e ampliando le lacerazioni, frantumando coste e lacerando organi interni e buttato. Il cane dovrebbe essere giunto a morte quasi subito.

La poderosa azione di offesa non può che essere stata effettuata da un orso bruno ( Ursus arctos) di taglia medio-grande.
Il successivo esame del cane sopravvissuto ha permesso di constatare, in prossimità della ferita perfettamente compatibile con quella rinvenuta sull’esemplare ucciso, la presenza di poderose artigliate, compatibili con un’azione di immobilizzazione del cane, da parte di Ursus arctos, con gli arti anteriori per sferrare più efficacemente il morso che avrebbe dovuto essere mortale. Ma questa volta il soccombente è riuscito a salvarsi.

Molto probabilmente, in cerca di un’area per lo svernamento ma sentendosi minacciato dal ripetuto inseguimento, il grande carnivoro ha attaccato i due cani allo scopo di difendersi.
Negli ultimi anni la presenza dell’Orso bruno è stata più volte accertata in Valnerina, sia tramite ritrovamento di reperti oggettivi che in base a testimonianze di coloro che hanno compiuto osservazioni occasionali.
L’intero settore geografico presenta infatti una elevata idoneità ecologica per la specie: la pressione antropica è relativamente scarsa, mentre abbondanti risultano le risorse trofiche e le possibilità di rifugio.
Ringraziando i componenti della squadra Sant’Uberto per la solerzia e la sollecitudine con le quali hanno comunicato l’evento, si ritiene che sarebbe opportuno:
1. effettuare un adeguato monitoraggio allo scopo di definire la consistenza e la diffusione di Ursus arctos nell’area;
2. alleggerire la pressione venatoria, con particolare riferimento alla braccata al cinghiale, per concedere a tale rarissima specie, protetta da norme nazionali e internazionali, di superare il critico periodo dell’ibernazione;
3. diffondere informazioni per il pubblico utili ad adottare comportamenti adeguati in caso di “incontro ravvicinato” con l’Orso bruno.
Si considera necessaria e auspicabile la fattiva collaborazione delle locali associazioni venatorie.”
 

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