La legislazione vigente in materia di elettorato attivo, a partire da una legge del 1947 (con il ritorno alla democrazia dopo la dittatura fascista) ripresa poi dal testo unico delle leggi sugli organi comunali del 1960 e da quello sulla tenuta e revisione delle liste elettorali del 1967, sancisce che sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali compilate dal Comune. In particolare stabilisce che sono elettori i cittadini italiani che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e non si trovino nelle condizioni ostative previste dalla stessa legge (ad es. i condannati a pena che comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici). La legislazione medesima precisa che le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato.
Pertanto sono iscritti d’ufficio nelle liste elettorali tutti i cittadini e le cittadine che possiedono i requisiti per essere elettori, che non sono incorsi nella perdita definitiva o temporanea del diritto elettorale attivo e che sono compresi nell’anagrafe della popolazione residente nel Comune o nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).
Si tratta del corpo elettorale e cioè della parte attiva del popolo che, in forza dell’art. 1, secondo comma, della Costituzione repubblicana (“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”), è l’organo costituzionale originario della nostra Repubblica democratica e cioè che si caratterizza per ampliare al massimo grado le competenze del corpo elettorale e per farlo essere il più vasto possibile a differenza per es. dello Stato liberale che invece è tale anche se non concede il suffragio universale e ha un corpo elettorale ristretto, per non parlare poi dello Stato autoritario o dittatoriale che nega in assoluto il ricorso al corpo elettorale. Il corpo elettorale è costituito appunto dai titolari del diritto di voto che sono chiamati, di volta in volta, a manifestare la loro volontà sulle seguenti due tipologie di scelte:
1) l’elezione degli organi rappresentativi, sia per determinare i rappresentanti delle due Camere del Parlamento nazionale e i rappresentanti italiani del Parlamento europeo che per scegliere i rappresentanti degli organi elettivi dei Comuni e delle Regioni e, fino al 2O14, delle Province essendo stata allora decisa, con la legge n. 56, l’elezione indiretta del Presidente e del Consiglio provinciale da parte dei Sindaci e dei Consiglieri comunali della Provincia. Tale scelta legislativa era stata fatta provvisoriamente in vista dell’abolizione delle Province contenuta in una legge di revisione costituzionale più generale approvata dal Parlamento e però respinta dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, senza poi correggere la nuova disciplina delle Province che da transitoria è divenuta di fatto e impropriamente permanente;
2) gli atti di democrazia diretta e precisamente sia il referendum popolare abrogativo, in modo totale o parziale, delle leggi ordinarie vigenti (art 75 Cost.), il referendum a livello del governo locale sulle modifiche territoriali degli enti (artt. 132 e 133 Cost.) e il referendum facoltativo nel procedimento di formazione delle leggi di revisione costituzionale (art 138 Cost.) e sia l’iniziativa legislativa popolare (art. 71, secondo comma, Cost.).
L’art. 48 della Costituzione repubblicana ha sancito che sono elettori “tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età” e che il voto é “personale ed eguale, libero e segreto“. Dopo lunga discussione in sede costituente tra i sostenitori dell’obbligatorietà del voto stante la possibilità di scegliere liberamente di votare scheda bianca e i fautori della libertà anche di non andare a votare, nel medesimo art. 48 Cost. è stato stabilito che l’esercizio del voto è “dovere civico”, cioè del cittadino e quindi un dovere di natura giuridica e non un mero dovere morale. Nonostante ciò le recenti leggi elettorali hanno tralasciato la definizione del voto come un dovere e hanno anche eliminato le sanzioni amministrative in precedenza previste, con lo scopo abbastanza evidente di riconoscere implicitamente il diritto di astensione. Però non è da escludere che tra non molto tempo il legislatore debba individuare un qualche rimedio dato che la partecipazione alle votazioni oltre un diritto, riconquistato in Italia nel 1946, è anche un dovere per norma costituzionale e che ciò sia fatto almeno per i casi in cui la partecipazione al voto dovesse scendere sotto al 50% del numero degli elettori.
Nel corso degli ultimi 30 anni nel comune di Todi si è assistito ad un progressivo e consistente calo del numero dei cittadini elettori che partecipano nei vari turni elettorali alle votazioni per l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio comunale (che tra l’altro erano le elezioni più partecipate) come di seguito riportato:
– Elezioni 12-06-1994: elettori 14.242; votanti 1° turno 12.247 (85,99%); 2° turno 11.387 (79,95%);
– Elezioni 24-05-1998: elettori 14.276; votanti 1° turno 11.967 (83,83%);
– Elezioni 26-05-2002: elettori 14.267; votanti 1° turno 11.882 (83,28%);
– Elezioni 27-05-2007: elettori 13.946; votanti 1° turno 11.288 (80,94%); 2° turno 11.140 (79,88%);
– Elezioni 06-05-2012: elettori 13.847; votanti 1° turno 10.216 (73,78%); 2° turno 10.092 (79,88%);
– Elezioni 11-06-2017: elettori 13.493; votanti 1° turno 9.228 (68,39%); 2° turno 7.873 (58,35%);
– Elezioni 12-06-2022: elettori 13.199; votanti 1° turno 8.062 (61,08%).
Quindi in tali elezioni comunali, a fronte di una riduzione complessiva del numero degli elettori di 1.043 unità, già preoccupante per altri aspetti, si è verificato un enorme calo del numero dei votanti di ben 4.185 unità con una diminuzione progressiva della percentuale dei votanti sugli elettori pari complessivamente a circa 25 punti percentuali e in misura molto accentuata soprattutto nelle ultime tre tornate elettorali per 3226 unità e circa 20 punti percentuali in meno.
Ferme restando la libertà e la pluralità dei partiti politici che trovano riconoscimento e ruolo nell’art. 49, primo comma, della Costituzione repubblicana, sembra quasi che l’astensione dal voto sia diventata a Todi, ma forse non solo, una sorta di scelta politica da parte di quasi la metà dell’elettorato per manifestare sfiducia e insoddisfazione nei confronti degli attuali partiti, al di là di come si polarizzano volta per volta le scelte sempre meno ideologiche del numero progressivamente e pericolosamente (per la democrazia) più esiguo di cittadini che partecipano attivamente alle votazioni.