“Stiamo assistendo, in Umbria alla devastazione della sanità regionale”. Non sono le parole di qualche facinoroso oppositore di questa amministrazione regionale, bensì quelle pronunciate dal Procuratore della Corte dei Conti dell’Umbria in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario contabile. Eccolo, dunque, il vero modello veneto che l’assessore Coletto ha esportato in Umbria e che l’amministrazione regionale di centrodestra, in quasi quattro anni di governo della regione ha costruito. Un modello che fa carta straccia dell’art. 32 della Costituzione della Repubblica; per usare sempre le parole della magistratura contabile “Il diritto alla salute della collettività locale rischia di essere seriamente compromesso”.
Lo stato in cui versa la nostra sanità ci preoccupa non poco. L’assessore Coletto alla fine del 2022 ha reso pubblici i dati aggiornati al terzo trimestre. La sanità umbra ha registrato in nove mesi un buco di circa 200 milioni. Secondo tali dati le aziende territoriali si trovano in gravissima difficoltà e rappresentano il 70% del disavanzo. L’Asl 1 ha un disavanzo di 80 milioni; l’Asl 2 ha un disavanzo di oltre 60 milioni. L’azienda ospedaliera di Perugia ha un disavanzo di circa 40 milioni; L’azienda ospedaliera di Terni ha un disavanzo di oltre 20 milioni. E questi dati non sono definitivi.
Più volte abbiamo lamentato che negli ospedali manca il personale, medici e infermieri sono ridotti allo stremo, in molti reparti si lavora sotto organico. Secondo la federazione Cimo-Fesmed, il sindacato dei medici dirigenti, in Umbria mancano 285 dottori, di cui 69 primari.
Il direttore regionale Sanità, Massimo D’Angelo nei mesi scorsi ha ordinato ai dg di aziende ospedaliere e sanitarie di “soprassedere da subito ad ogni assunzione, compreso il turn over”.
Insomma, i numeri non tornano e l’assenza di personale sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario regionale, con enormi sacrifici del personale e un inaccettabile allungamento dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie.
In questi anni il sistema sanitario regionale è stato letteralmente disarticolato:
– fortissime le difficoltà per l’erogazione dei servizi di continuità assistenziale, la chiusura di molte sedi territoriali di guardia medica e la carenza, soprattutto nelle aree interne, di medici di base e medicina generale, riducono drasticamente e rendono sempre più sporadici e discontinui servizi ai pazienti e costringono al collasso le strutture di P.S. Ospedaliere;
– impossibilità di accedere alle prestazioni attraverso le liste di attesa che hanno tempi irragionevoli, quando sono aperte, perché tutta una gamma di prestazioni non sono al momento erogabili;
– il nuovo piano sanitario regionale, criticato da Sindacati, Università, Ordini e Sindaci, è imperniato sul taglio dei distretti, che passerebbero da 12 a quattro, mettendo sempre più distanza tra comunità, persone e diretto, con una potenziale riduzione anche del controllo territoriale delle patologie croniche.
– lo svuotamento dei servizi di molte strutture ospedaliere e le gravi difficoltà in cui versano altri presidi strategici (es. Santa Maria di Terni);
– le difficoltà di approvvigionamento di alcuni strumenti e di alcuni farmaci.
L’effetto di queste politiche è chiaro, spingere il cittadino verso le strutture private.
Il PSI ritiene, invece, che serva, anche sullo stimolo delle indicazioni e delle risorse fornite dal PNRR, grande attenzione affinché gli interventi legati alle reti di prossimità, siano volti a rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali, il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della ospedalizzazione domiciliare, della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari pubblici presenti sul territorio. Oltre al potenziamento delle due aziende ospedaliere.
A tal fine il PSI promuoverà, sin dai prossimi giorni, attraverso apposite mozioni dei nostri consiglieri comunali, l’avvio di una pubblica discussione su questi temi nei Consigli Comunali delle città dell’Umbria, affinché parta dal basso, dai municipi, la richiesta di un Consiglio Regionale Aperto con all’ordine del giorno la discussione sulla sanità regionale.